Regia di Mary McGuckian vedi scheda film
Sono la quinta persona, in assoluto, nella storia di FilmTv.it a recensire questo film. Ciò significa che quasi nessuno lo ha visto. Infatti è così. Film dimenticabile, non guardato ma non inguardabile, pregevole in alcuni punti, colante a picco nel ponte, ah ah. La Perichole, comunque, è eccitante, eh eh.
Ebbene, oggi vogliamo parlarvi de Il ponte di San Luis Rey (The Bridge of San Luis Rey), pellicola del 2004 della robusta durata di centoventi minuti, sì, dal minutaggio di due ore nette, diretta dalla regista irlandese Mary McGuckian. Fattasi notare qualche anno addietro con l’interessante biopic Best, pellicola incentrata, in forma romanzata e non poco agiografica, sulle leggendarie gesta del folle, inteso ovviamente in senso positivo e innocuo, affettuoso del termine, calciatore George Best. Celeberrimo attaccante, perlomeno famoso per gli amanti dello sport del Calcio, militante nel Manchester United e connazionale della McGuckian. La quale, con tutta probabilità, affascinata dalla pittoresca figura dello spericolato Best, gli dedicò per l‘appunto una sorta di mockumentary assai particolare e a sua volta bizzarro come Best stesso.
Best, il film, ottenne un buon successo e permise alla McGuckian di farsi notare, assoldando per il film da noi qui preso in analisi, cioè da noi recensito, ovvero Il ponte di San Luis Rey, un notevolissimo cast di prima scelta e, potremmo dire, delle cosiddette grandi occasioni. Avendo inoltre a disposizione un budget, come si suol dire, niente male. Il ponte di San Luis Rey, sceneggiato interamente dalla stessa McGuckian, oltre che naturalmente, come appena sopra scrittovi, da lei messo in scena in senso filmico, è tratto da un importante romanzo omonimo dello scrittore Thornton Wilder. E, in termini cronologici di trasposizione-realizzazione, ne è la terza versione cinematografica dopo quelle avvenute nel 1929 e nel ‘44. Sebbene forse sia risultato l’adattamento, così come poi v’esplicheremo meglio, meno riuscito e, senza dubbio, più fallimentare in termini di Critica e d’incasso. Un colossal, insomma, che non ripagò affatto le aspettative e si rivelò invece, così come peraltro testualmente riportato duramente ma sinceramente da Wikipedia, un tremendo flop colossale. Cioè il classico buco nell’acqua clamoroso.
Trama...
Siamo in Perù, esattamente nell’anno 1714. Il ponte di San Luis Rey, giustappunto, crolla. Provocando tragicamente la morte di cinque persone. Fratello Ginepro (Gabriel Byrne), scosso dall’avvenimento, indaga scrupolosamente, turbato da dilemmi morali profondi, in merito alla tragedia successa in modo sciagurato e inaspettato. Tentando di ricostruire la vita delle suddette persone rimaste uccise. Il fatto, pian piano, inoltre e nel frattempo, diviene di pubblico dominio, di rilevante importanza etico-giudiziaria per la comunità del luogo e successivamente perfino dell’intero Paese tutto. Arrivando a coinvolgere addirittura la Chiesa stessa, le sfere più influenti e i suoi alti prelati, più o meno integerrimi, irreprensibili o corrotti. I quali cominciano a interrogarsi, ognuno a modo proprio, a tal riguardo, citando in causa addirittura la divina Provvidenza. In quanto, in loro sorgerà lo scioccante dubbio se la caduta del ponte di San Luis Rey che, come scrittovi, causò la morte di cinque persone, sia stata casuale oppure rappresenti una sacrosanta e terribile punizione emessa dal Creatore che, per ragioni imperscrutabilmente oscure, da lassù volle punire, diciamo volontariamente, per l’appunto con la morte più atroce, cinque persone macchiatesi forse segretamente di qualche diabolica colpa madornale e imperdonabile.
I costumi sontuosi, la fotografia maestosa di Javier Aguirresarobe (Mare dentro, Blue Jasmine), la presenza di attori altisonanti del calibro di Kathy Bates (Misery non deve morire, Richard Jewell), del su citato Byrne (Excalibur), di F. Murray Abraham (Amadeus, Il nome della rosa, Scarface), di Geraldine Chaplin, Pilar López de Ayala, Émilie Dequenne, John Lynch, i gemelli Mark e Michael Polish, Jim Sheridan e specialmente d’un carismatico Robert De Niro (The Irishman) nei panni del temibile e impietoso arcivescovo di Lima, non salvano la riuscita de Il ponte di San Luis Rey, purtroppo. In quanto la regia della McGuckian è televisiva e, in molti punti, il film sembra una fiction.
Altresì, riteniamo però che Il ponte di San Luis Rey sia un film pregevole in altri suoi aspetti, peraltro come sottolineatovi e da noi evidenziato nelle scorse righe per le motivazioni accennativi, perciò non meritava dunque assolutamente le critiche sin troppo spietate, poco lusinghiere e ingrate, forse affrettate e prevenute.
di Stefano Falotico
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