Regia di Herschell Gordon Lewis vedi scheda film
Uno dei 12 film diretti da Herschell Gordon Lewis tra il 1967 e il 1968. Tremendo.
Ancora vergine all'età di 32 anni, il professore Percy (Robert Wood) vive con la madre (l'Elizabeth Davis di The gruesome twosome) che desidera fortemente un nipote. Ha difficoltà ad affrontare le donne, sino a quando scopre che il più anziano dott. West (Jim Vance) ha costruito un complesso macchinario in grado di creare ragazze automatizzate, che non pronunciano altre parole se non "I love you". Dopo essersi sbizzarrito con diversi tipi di bellezze in bikini create artificialmente, Percy si stanca e decide di affrontare la vita, uscendo dal laboratorio per incontrare la ragazza dei suoi sogni in un parco.
Tra il 1967 e il 1968 Herschell Gordon Lewis ha realizzato qualcosa come 12 film. Uno peggiore dell'altro. Del gruppo fa parte anche questo How to make a doll che dovrebbe, nell'intenzione dell'autore, essere una specie di commedia. Interpretato da attrici perlopiù al loro unico lungometraggio, privo di una storia veramente comprensibile (ad un certo punto il dott. West scompare e non è chiaro dove sia finito) e incredibilmente parco in fatto di erotismo (le ragazze indossano bikini), How to make a doll non solo appare un film sessista, attribuendo alle femmine il ruolo di macchine servizievoli (in questo però anticipa Io e Caterina di, e con, Alberto Sordi), ma figura come uno dei più brutti del decennio. È composto da lunghe riprese in piano sequenza, spesso statiche, ripetitive e girate solo per giungere al metraggio sufficiente.
L'enorme laboratorio scientifico è rappresentato da una stanza con lucine colorate, uno schermo televisivo e qualche stampante. Il processo di creazione delle "bambole" rasenta l'idiozia, con rumori corporali a fare da sfondo audio ed espressioni indescrivibili dei due protagonisti dopo i primi due fallimentari insuccessi (in un caso esce un coniglio, nell'altro una drag queen). I dialoghi non sono pervenuti, facendo presupporre che la sceneggiatura fosse estremamente sintetica, tanto da lasciare campo libero all'improvvisazione sul set. L'unico momento riuscito è quando il protagonista se ne va a spasso per la città, girando su una delle più surreali micro-macchine mai costruite: l'italiana Isetta, di colore rosso fuoco.
"L'obiettività a cui tende il grottesco non è quella dell'umorismo, per il quale l'ideale viene confrontato col reale al punto che quest'ultimo viene esibito ad oculos nella sua cruda «nullità»."
(Ferruccio Masini)
F.P. 14/02/2022 - Versione visionata in lingua inglese (durata: 80'45")
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