Regia di Woody Allen vedi scheda film
Uno dei film-chiave nella carriera registica di Allen, uno dei suoi più grandi successi di pubblico e critica: un affresco corale quasi Altmaniano, una galleria di personaggi con una sapiente miscela di notazioni psicologiche e gag comiche su sottofondo drammatico (l'angoscia di fronte alla morte, sdrammatizzata dalla comica ipocondria del personaggio di Woody). Dunque un "comedy-drama" pieno di scene di riunioni familiari, intrecci del caso quasi kieslowskiani, amori che nascono improvvisamente e si consumano in maniera imprevista. Fotografato con grande eleganza dall'italiano Carlo Di Palma, si giova di un "ensemble cast" in cui si integrano armoniosamente gli apporti di tutti gli interpreti, e in cui spiccano soprattutto Michael Caine, un Elliott che si innamora della giovane sorella di sua moglie ma non riesce a sbrogliare la matassa, Mia Farrow nel ruolo di Hannah, che risulta una delle sue interpretazioni più sfaccettate e interessanti, e Dianne Wiest che, insieme a Caine, ha vinto l'oscar come attrice non protagonista, anche se non mi sembra che superi in talento la Farrow o la Hershey. Opera appassionante, coinvolgente con i consueti riferimenti a Bergman (c'è anche il suo attore-feticcio Max von Sydow) e alla drammaturgia di un Cechov, si conclude in maniera positiva per quasi tutti i personaggi, ma a tratti lascia intravvedere tracce di un pessimismo che diventerà più evidente nelle opere successive. Meritatissimo l'Oscar alla sceneggiatura, avrebbe potuto vincere anche nelle categorie principali.
voto 9/10
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