Regia di John Irvin vedi scheda film
Nel 1969, in Vietnam, un plotone di soldati statunitensi, composto per lo più da reclute, è inviato in una località particolarmente ostile con l'incarico di strappare al nemico una collina, identificata con il numero "937". L'impresa riesce, ma in pochi sopravvivono. Per di più, il sacrificio di gran parte dei membri del plotone si rivela inutile. Il regista inglese John Irvin, traendo ispirazione da eventi reali, dirige un film assai crudo, il quale esprime senza mezze misure un'aspra critica nei confronti della conduzione del conflitto in Vietnam e sulla guerra in generale. La telecamera segue alcuni protagonisti sin dal loro arrivo nel Sud-Est Asiatico. Trattasi di ragazzi di estrazione sociale medio-bassa (i giovani benestanti un modo per evitare il fronte lo trovano), alcuni bianchi, altri afroamericani. Tutti sono accomunati dalla nostalgia per la patria - intesa non nel concetto "astratto" di nazione, bensì nella sua valenza concreta di casa, famiglia, ambiente di vita - lontana, ed una certa preoccupazione per il futuro, che trova sfogo in nervosismo, aggressività reciproca, atteggiamento spavaldo. Un po' tutti esprimono astio per i "capelloni", rimasti a casa a goder della compagnia femminile, mentre loro sono in zona di guerra. Queste persone ricevono l'accoglienza di alcuni veterani, che s'impegnano sin da subito per far loro comprendere la letalità del teatro bellico, invitandoli a non sottovalutare i pericoli, una eventualità che la sceneggiatura evidenzia mostrando, nella prima parte del film, ambienti tranquilli e camerateschi. Giunti sul luogo dei combattimenti - la Valle di A Shau - le cose cambiano. Ricevuto l'ordine di conquistare una collina nei pressi, poi soprannominata "Hamburger Hill", i soldati si aprono la strada in direzione di essa e poi sulle non ripide pendici, solcate da trincee ed attraversate da gallerie utilizzate dai militari regolari nordvietnamiti. Nei momenti di stasi, tra un combattimento e l'altro, la tensione porta alcuni soldati statunitensi a scontrarsi ancora tra loro; le divergenze, tuttavia, si appianano, man mano che l'avanzata s'avvicina alla fine. Nonostante la copertura aerea, gli statunitensi cadono uno dietro l'altro sotto i colpi dell'artiglieria e della mitraglia nemica. In pochi, laceri e feriti, riescono a conquistare la posizione, la quale, in realtà, non ha alcuna importanza strategica, tanto da venire abbandonata poco dopo. L'unico interesse per la riuscita dell'impresa è propagandistico; le operazioni sul posto sono infatti documentate da una troupe cinematrografica, la cui presenza è assai sgradita ai combattenti; o forse esistono altri motivi, che non è dato comprendere. Il regista espone fatti ed opinioni senza eccessiva retorica; lascia comprendere, tramite dialoghi o altri espedienti - la voce della fidanzata di uno dei soldati, registrata all'interno di un'audicassetta; il vagare in zona di guerra di soggetti "decontestualizzati", quali la stessa troupe o un militare in jeep con una gigantesca roulotte a rimorchio, da recapitare ad un alto ufficiale - il disinteresse, sia in patria, sia tra gli "alti papaveri" presenti sul posto, per la sorte dei militari statunitensi. Tra gli attori, nessuno mi è rimasto impresso; trattasi, comunque, di un film "corale". Tra i soldati americani non c'è un vero e proprio protagonista; il nemico appare solo di sfuggita. Il regista non manca di evidenziare le difficili condizioni di vita della popolazione locale, alcuni membri della quale rimangono vittime degli scontri per il solo essere state nel posto sbagliato, al momento sbagliato. La prima parte del film è dedicata ad una descrizione del contesto vietnamita; nella seconda prevale l'azione. Lunghe fasi di combattimento sono interrotte da brevi sequenze che descrivono la morte violenta, immediata o meno, dei personaggi. La colonna sonora è varia e vivace. Accompagna alcune, ma non tutte, fasi dell'azione. Rilevo come manchi nella parte finale dei combattimenti. Tale assenza lascia lo spettatore in compagnia dei soli rumori del combattimento; esplosioni, crepitio di armi, urla, consentendo una riflessione. Non c'è veramente nulla di eroico, di epico, in ciò che i soldati stanno facendo. Un buon film di guerra, del quale ho apprezzato la portata espressiva, molto ampia, in rapporto alla retorica, ridotta, se non nulla.
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