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Hukkle

Regia di György Pálfi vedi scheda film

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La recensione su Hukkle

di alan smithee
7 stelle

Con un titolo dar suono molto onomatopeico, Hukkle, ovvero singhiozzo, costituisce il primo approccio nel lungometraggio da parte dell’estroso e “viscerale” regista ungherese Gyorgy Pàlfi.

Una “non-story” che raccorda tutti gli avvenimenti corali che ruotano attorno ad un villaggio immerso entro una natura verde e rigogliosa del Centro Europa, alla presenza, discreta e silenziosa, salvo il suddetto interminabile e ricorrente, scansionato e perenne singulto, di un vecchio timido e mansueto, che il tutto mira sempre un pò in disparte, dalla sua casina da favola, e con quel suo verso ricorrente che, come un metronomo nella musica, aiuta a dare ritmo, a non perderlo, o a ritrovarlo se smarrito.

Al centro degli avvenimenti misteriosi che in sordina sorprendono il villaggio mietendo morti improvvise e subitanee, una sostanza che vediamo immettere nel cibo da una donna prima di offrirne al marito. Che ritroveremo morto poche sequenze successive. La situazione sfugge di mano, se persino un gatto ingordo ed un bambino poco prudente, finiranno vittime del terribile veleno.

A poco serviranno le indagini di un poliziotto, mentre il paese si spopola di presenze maschili.

Ispirato a fatti realmente accaduti relativi ad una donna che, nel primo centennio del ‘900 fu accusata di aver avvelenato e dato la morte ad oltre 300 uomini, Hukkle (che definire "thriller" come avviene nella scheda, è un ardire alquanto fantasioso, quasi una licenza poetica) procede senza un vero dialogo che non sia di sottofondo, raccontando con toni solo apparentemente documentaristici, ma in realtà del tutto narrativi, scanditi con una successione di avvenimenti causa-effetto, gli effetti di una vendetta o una azione giustizialista portata avanti con una spietatezza perfettamente lucida e programmata.

Pàlfi preferisce tuttavia restare sul gruppo, anziché soffermarsi sui personaggi che agiscono da protagonisti, riservando al più un ruolo di spicco all’unica figura maschile apparentemente fuori pericolo, che è appunto il vecchio dal singhiozzo perenne.

Il film costituisce un esordio originalissimo, in grado già da qui di annunciare l’avvenire estroso e qualitativamente singolare di un regista che farà ancora più scalpore col successivo e viscerale (nel vero senso del termine) “Taxidermia”, e che darà il massimo di sé con l’ancor più affascinante e misterioso Free Fall.

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