Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
L’altro volto di John Rambo.
O il Chuck Norris (in divisa) della East Coast (ma con kalashnikov e cazzotti in luogo di, rispettivamente, coltellacci e calci rotanti).
Questo è Gunny, alias il buon vecchio Clint Eastwood nei panni del sergente Tom Highway (per tutti, per l’appunto, “Gunny”) che senza parodiare alcunché (questa è la piccola-grande pecca del film) regala irresistibili momenti di spasso e fa tutto per farsi ricordare.
Piacevolmente, nonostante tutto.
Gunny è un uomo tutto d’un pezzo, un duro coi controcazzi (chinaski) uscito dal ventre di sua madre con un unico scopo: servire (e far servire chi di dovere) il sacro corpo dei marines.
Uno che manda in sfascio (a put**** - anche letteralmente - volendo preservare un gergo abusato per tutto il film) il suo matrimonio ma che, grazie ai consigli di improbabili “chick flick magazines” (ed al fascinosissimo grugno che tanto riesce bene ad uno come Eastwood), riesce ad ottenere comunque ciò che vuole.
Uno che… (ma lasciamo che sia Gunny a parlarci di lui) «mangia filo spinato, piscia napalm e riesce a mettere una palla in culo ad una pulce a 200 metri!».
Uno che… (ma lasciamo che siano anche altri a parlare, per noi, di lui) «dovrebbero chiudere in una bacheca con scritto "rompere il vetro solo in caso di guerra”» (Maggiore Powers).
Insomma, un tipo che, nel ruolo di protagonista di un film - soprattutto con il buon umore della spalla "Stitch" Jones (Mario Van Peebles), l’ ”ayatollah del rock”, a far da contraltare - fa sfracelli (in senso - quasi sempre - positivo).
Merito, bisogna riconoscerlo della sceneggiatura - di (un certo) J.Carabatsos - che brilla nelle caratterizzazioni dei protagonisti e confeziona una ridda di sketch politicamente scorrettissimi, ma (anzi, proprio per quello) esilaranti, che si susseguono senza pietà per buona parte del film.
Ergo, tutto molto bene fino a 2/3 di film circa, ovvero sino a quando l’ironia anti-militarista non viene radicalmente capovolta ed il film non comincia a prendersi troppo sul serio (mettendo in pratica quanto ilaremente predicato sino a quel momento).
E allora sì che qualche problemuccio emerge.
La giostra si ferma, si smette di ridere e si assiste, un po’ amareggiati, alla raccolta di quanto seminato: la prova muscolare della prole (non più debosciata) di Gunny, l’ennesima esaltazione del valor militare (Baliverna) con annesso facile trionfo sul nemico… sino alla spiazzante conversione dello “ayatollah del rock” alla fede di Gunny (!!!!). Un’eresia bella e buona che spiazza e disturba un poco.
Colpi bassi, dunque, che fanno più male della raffica di quelli sferrati in precedenza (perchè, per lo spettatore, erano più che carezze) e che ridimensionano il valore complessivo dell’opera.
Drasticamente (per chi aveva già mal digerito talune rigidità valoriali sfoggiate lungo tutta la narrazione).
Solo in parte (per chi, come me, aveva ancora le lacrime agli occhi per le crasse risate che le molte scene precedenti gli avevano regalato).
Un film che desideravo vedere da anni che, a 30 anni di distanza, regge ancora benino il fattore tempo (per i famosi 2/3 di film almeno). E che, quindi, complessivamente (secondo me), delude solo in minima parte.
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