Regia di Craig Rosenberg vedi scheda film
Le ghost stories si contraddistinguono per una griglia narrativa piuttosto tradizionale. Iniziale situazione familiare felice. Tragico ed improvviso evento a sconvolgere la serena esistenza. Elaborazione del lutto e desiderio di ricominciare tutto da capo in un posto lontano, generalmente una grossa villa isolata. Comparsa di misteriose ed inquietanti presenze, legate di solito a brutali, sanguinosi ed irrisolti eventi del passato, che precipitano i protagonisti in un incubo senza fine. Riappacificazione finale, forse. Non si contesta, dunque, ad “Half light” il fatto di seguire in modo fin troppo pedissequo e ridondante i topoi narrativi del genere (chi si avvicina a film di questo tipo deve accettarne, volente o nolente, le regole non scritte) quanto la totale mancanza di rispetto per lo spettatore. La sceneggiatura, infatti, è un campionario spropositato di incongruenze, approssimazioni, buchi, forzature che quasi non ci si crede. Sembra che il tutto sia stato scritto a casaccio, senza alcuna preoccupazione per logica e continuità. Come se lo sceneggiatore/regista Craig Rosenberg (nel suo curriculum anche lo script di “After the sunset”), al pari della sua protagonista, si fosse limitato a mettere insieme i più svariati post-it attaccati al frigorifero di casa ogni volta che ricordava qualcosa da altri film. Senza però una sola vera idea conduttrice sensata, senza alcuno sforzo di rielaborare il tutto in modo originale o suggestivo, ma alla rinfusa, improvvisando goffamente. D’accordo che è un film di fantasmi ma richiedere un po’ più di attenzione e cura nel sistemare le tessere del mosaico mi pare legittimo e doveroso. La storia comunque, pur con ripetuti momenti di stanca, regge discretamente fino a quando la protagonista scopre la verità sul guardiano del faro. Poi è tutto un delirio e, al momento in cui si devono tirare le fila del discorso, non si sa se ridere o piangere. Tra incubi, apparizioni di fantasmi veri o presunti, cieche sensitive, parroci misteriosi, diffidenti abitanti dell’isola, bibliotecarie restie a fornire informazioni, ricordi del passato, rimorsi e sensi di colpa, porte che sbattono, scale a chiocciola, fari, strani rumori alla finestra, viaggi in motoscafo, corse sui cavalli, giochi di luci tra innamorati per comunicare e salutarsi, c’è pure spazio per romantiche leggende celtiche. Gli sviluppi narrativi sono raffazzonati e sbrigativi, anche perché l’agire dei cattivi è davvero maldestro e improbabile, l’elemento soprannaturale è ridicolo e posticcio (la sequenza sott’acqua con la chiave del lucchetto fatta avere prodigiosamente alla protagonista che sta annegando è autentico scult), le parentesi sentimentali (quella conchiglia consegnata alla protagonista nel prefinale) sono deleterie e patetiche. Gli anonimi personaggi non sfuggono ai più triti stereotipi, molte situazioni rimangono quanto meno oscure, la tensione latita, le musiche di Brett Rosenberg sono ingombranti. La regia di Craig Rosenberg è sonnolenta e svogliata, meccanica e prevedibile (il montaggio alternato iniziale con la protagonista in cucina a preparare la pasta ed il figlioletto intento a giocare pericolosamente vicino al fiume è esemplificativo di uno stile telefonato e ovvio). Vengono i brividi solo a leggere certe sue dichiarazioni: "In Half light ho voluto rendere omaggio a uno dei miei film preferiti, A Venezia... un dicembre rosso shocking. Anche Rosemary's baby e Cul de Sac mi hanno fornito dei punti di riferimento soprattutto sotto il profilo della tensione e del profondo senso d'inquietudine". Mix rancido, fiacco, impacciato e vecchio di thriller, mistery e romanticismo che pesca a pieni mani e senza ritegno da troppi film (i primi che mi vengono in mente “The wicker man” e “Le verità nascoste”), il cui senso si riassume nella frase della sensitiva “I suicidi sono intrappolati tra questo mondo e l’aldilà.” Demi Moore, a distanza di 6 anni da “Passion of mind” e dopo la breve partecipazione nel sequel di “Charlie’s Angels”, torna protagonista assoluta al cinema nei panni di una scrittrice di romanzi di successo, sposata ad un uomo, a sua volta scrittore, ma fallito, che per questo soffre di un fortissimo complesso di inferiorità. Non sono mai stato un grande fan dell’attrice, nemmeno nei suoi anni d’oro, ma ammetto che conserva un suo fascino (come interprete invece lascia sempre un po’ a desiderare) e la sua presenza potrebbe essere l’unica ragione plausibile per vedere il film. Certo i tempi di “Ghost” sono per lei irrimediabilmente finiti. Hans Matheson è stato il protagonista di “Canone inverso” e della fiction “Il dottor Zivago” diretta da Giacomo Campiotti. Quando di un film, comunque, finisci per concentrarti solo sugli scenari naturali (il film è stato girato in Galles all’Isola Llanddwyn anche se è ambientato nelle Highlands scozzesi) significa che il resto proprio non va: non a caso in molti paesi è uscito direttamente in dvd. L’opera che si vede in tv è “Incubi notturni” bel film fantastico del 1945 prodotto dalla Ealing. Altro che “Half light”: il titolo più adatto, vista la confusione generale di regista e cast, sarebbe stato pitch black.
Voto: 3
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