Regia di Kurt Wimmer vedi scheda film
In questa lunga estate calda e senza cinema - per lo meno senza cinema che vale la pena vedere - capita anche di imbattersi nel peggio: UltraViolet. Dove la Violetta del titolo altri non è che Milla Jovovich, coinvolta in una sorta di videogame futuristico che strizza l’occhio a Resident Evil e scopiazza Underworld. Uno sparatutto dove il joystick è nelle mani dei realizzatori, gli unici forse a divertirsi, certo non del pubblico. Violet è una emofaga, neovampira in cerca di una cura. Questa cura è la stessa di X-Men: Conflitto finale, nel senso che se la porta appresso il medesimo bambino, Cameron Bright. Incredibile, vero? E questo è niente. Il film è composto da una serie di interminabili combattimenti calati in una estetica che oscilla tra lo spot glaciale di un amaro trendy e il videogioco da bar. I corpi degli attori ritrattati al computer così da risultare simili alle abbondanti animazioni digitali. Un flipper, un immaginario pixelato dove il cinema non si capisce dove stia, certo non nel racconto e tanto meno nella messa in scena. Milla è brava, lo sappiamo, l’abbiamo sempre sostenuta; ma se si butta via con robaccia simile si potrà solo dire che ha un gran futuro alle spalle.
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