Regia di Silvano Agosti vedi scheda film
Silvano Agosti va certo premiato per il coraggio: quando realizza (sceneggiatura e regia) questo Giardino delle delizie, dal titolo ispirato ad un'opera di Bosch, ha ventinove anni ed un'esperienza nel cinema come collaboratore di Bellocchio (I pugni in tasca è anche merito suo) e, dietro la macchina da presa, un bagaglio composto essenzialmente di una manciata di cortometraggi. Esordisce così con questo progetto ambiziosissimo, accostato dalle critiche principalmente al collega emiliano - giustamente, d'altronde - e perfino al Maestro svedese Bergman, del quale però Il giardino delle delizie non ha lo spessore psicologico dei personaggi, mentre probabilmente è l'abbondanza di simbolismi che può aver portato a questo errato parallelo. Ma il gelo bergmaniano (nei rapporti, nei dialoghi, nel tocco di un destino segnato dal silenzio divino) qui non c'è, o al massimo può dirsi scimmiottato senza infamia nè lode. Risulta ad ogni modo un film difficile da seguire, frammentario ed introverso, dal montaggio vivace e con musiche nientemeno che di Ennio Morricone; forse il progetto aveva ambizioni intellettuali troppo alte per un debuttante, ma quel che viene messo in scena da Agosti non è affatto privo di suggestioni: è sul metodo che il lavoro può lasciare qualche dubbio. 5,5/10.
Lui e lei, marito e moglie apparentemente felici, con figlio in grembo: il rapporto ben presto però rivela l'indisposizione di lui verso un matrimonio 'dovuto' (riparatore) e le incomprensioni che lacerano la coppia.
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