Regia di Antonello Bellucco vedi scheda film
Sant'Antonio da Padova, uno dei santi più noti e venerati del nostro paese, era in realtà un frate francescano (anche se proveniva dall'ordine agostiniano, lo stesso in cui militerà Lutero) portoghese, giunto nell'Italia continentale con l'intenzione di conoscere Francesco d'Assisi e i suoi luoghi. Non conosco abbastanza bene la vita di Sant'Antonio per poter giudicare la narrazione che qui viene fatta della sua predicazione e delle sue opere a Padova, città allora dominata da una cricca di usurai. Conosco però a sufficienza il cinema per poter dire che l'esordiente Belluco mi sembra un allievo - e non dei migliori - di Renzo Martinelli.
Lo dico da non credente rispettoso e forse un po' invidioso di chi ha la fede (ci sarebbe semmai, spesso, da pretendere il rispetto reciproco), ma l'impressione che ho avuto è che sotto le spoglie di Sant'Antonio si sia voluto far passare un messaggio pro "Wojtyla santo subito". Il papa polacco era morto appena un anno prima della realizzazione di questo film; Sant'Antonio fu beatificato soltanto undici mesi (un santo quasi subito) dopo il suo trapasso e per di più e per di più il copione mette in bocca al frate portoghese parole pronunciate da Giovanni Paolo II: «non abbiate paura!».
Sebbene si possa sostenere che sia filologicamente corretta, mi sembra controproducente la scelta di far parlare il catalano Jordi Mollá in un italiano dal forte accento portoghese, che ricorda, a chi abbia l'età sufficiente, la calata del vecchio cittì brasiliano Sebastião Lazaroni all'epoca in cui allenava la Fiorentina.
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