Regia di Brian G. Hutton vedi scheda film
Reduce dal più qualitativo Dove Osano le Aquile (1969), Brian G. Hutton torna al war movie con un piglio disancorato dai fatti storici e più votato all'action malandrina dal retrogusto western. Un bottino di quattordicimila lingotti induce un intero plotone di americani, con carri armati al seguito, a interrompere la battaglia convenzionale per orientare gli sforzi al furto del carico d'oro. L'interesse di stato viene pertanto sostituito dall'interesse personale e la cosa pare interessare anche i tedeschi.
Hutton dispone di un budget assai portentoso. Lo si capisce fin dall'inizio. Esplosioni continue, palazzi che crollano o bruciano nella notte, smitragliate e fughe su camionette che fanno lo slalom tra i proiettili e i missili. Da un punto di vista visivo, il film è notevole. Ben diretto e, soprattutto, ben fotografato dal messicano Gabriel Figueroa (direttore della fotografia di fiducia di Bunuel) che sa come piazzare le luci. Purtroppo le noti dolenti arrivano dalla sceneggiatura. Troy Kennedy-Martin (sceneggerà, tra gli altri, anche Danko) prova a lavorare sull'ironia e sulla caratterizzazione dei tanti soldati americani tuttavia, pur beneficiando di un cast artistico di eccezionale qualità, non riesce troppo nell'intento. Eastwood è sotto tono, Savalas è meno qualitativo del solito anche perché gli viene offerto un ruolo trainante invece del suo consueto personaggio deviato o diabolico. Brilla Donald Sutherland nei panni di un carrista sopra le righe.
Poco interessante il soggetto, peraltro semplificato oltre i limiti del tollerabile negli assalti ai soldati tedeschi che subiscono le scorribande americane in modo totale con gli aggressori che si lanciano all'assalto, a casaccio, pur se sotto una grandinata di confetti esplosivi sparati dal fuoco amico. Un po' troppo inverosimile. La durata di 144 minuti è eccessiva tanto che il film non riesce a mantenersi su un buon ritmo per tutto il suo decorso.
Buona la colonna sonora.
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