Regia di Walter Hill vedi scheda film
La notte, la territorialità, i Guerrieri di Coney Island contro tutte le altre bande della città e ovviamente New York sono gli ingredienti essenziali con i quali Walter Hill ha costruito il suo gioiello più splendente dei primi anni ottanta aprendo un trittico di film incentrati su un gruppo di uomini in lotta contro ciò che li circonda: “Southern Confort” non gli è da meno mentre un gradino sotto si colloca “I cavalieri dalle lunghe ombre”.
La semplicità della storia è la forza di questo film che Hill ha reso interessante con il ritmo imposto al racconto attraverso un montaggio senza pause, per certi versi si potrebbe dire che il seme di questo film sia la sequenza di “Arancia Meccanica” in cui Alex e i suoi drughi si scontrano con la banda di Billy boy nel teatro abbandonato, la fantasia ha portato Hill ad immaginare una situazione analoga nella New York di un futuro imprecisato come nel film di Kubrick era Londra, nel quale bande giovanili dominano il territorio come animali di zona con tanto di divisa e logo sul giubbetto.
Hill però lascia da parte elucubrazioni sociologiche su violenze sessuali o rapine a scopo di lucro con conseguente riflessione sul rapporto fra delinquenza e manipolazione dello stato ma si concentra nel raccontare in primo luogo una riunione di tutte le bande più importanti della città e in seconda istanza il lungo viaggio nella notte della banda di Coney costretta suo malgrado a combattere per la sopravvivenza.
L’apertura è trascinante con un celeberrimo montaggio alternato fra il viaggio in metro verso la città degli Warriors direttamente dal parco giochi di Coney Island: con un serrato fraseggio cominciamo a conoscere i caratteri di Swan, Vermin, Rembrandt, Cochisse e tutti gli altri componenti scelti dei nove rappresentanti degli Warriors mentre le interpunzioni del montaggio mostrano i colori e gli stili degli altri gruppi fra cappelli a cilindro, pendagli al collo e segni distintivi di ogni genere, il tutto condito dal ritmo incessante della pulsazione in colonna sonora di Barry de Vorzon dal titolo inevitabile “Theme from the Warriors” con la quartina di basso monolitica agganciata all’accordo distorto di chitarra che scaturisce in un doppio riff consecutivo di synth e chitarra elettrica, un tema leggendario ricorrente in tutta la pellicola a commento degli inseguimenti e degli scontri che al contrario delle critiche gratuite che il film ricevette non sono sanguinosi e violenti ma minuziosamente coreografati e montati proprio come la già citata sequenza di Arancia Meccanica.
La prima tappa è quindi il Bronx, al raduno organizzato dai Gramercy Riffs guidati da Cyrus, una specie di sciamano urbano che vuole stringere una coalizione con tutti i membri delle gang cittadine per combattere il corpo di polizia e dominare la città: il plot delinea subito questo filo conduttore che separa poliziotto e teppista indipendentemente dal fatto che sia effettivamente colpevole di qualcosa, nella New York di Walter Hill indossare una maglia o un giubbetto che riporta sul retro uno stemma o un logo è sufficiente per essere arrestato oltre che motivo di scontro fra bande rivali ma come detto da Cyrus nel suo comizio notturno “Nessuno ammazza nessuno” durante la tregua da egli imposta per esporre il grande sogno di sopraffare quelli che le gang chiamano “elmetti” e dominare la città.
Uno sparo squarcia però la notte e la parola di Cyrus viene rotta così come la sua vita, un guerriero sembra aver visto la mano che ha premuto il grilletto ma purtroppo per lui e i suoi compagni l’accusa viene ribaltata innescando un passa parola tagliente come una lama per i Guerrieri di Coney Island che dovranno percorre le oltre cinquanta miglia che li separa dal loro territorio senza armi con le quali difendersi dall’attacco continuo delle creature della notte che popolano la città e li credono colpevoli del fattaccio al Bronx.
Il film decolla subito dopo la fuga dal raduno sulle note di Nowhere to Run scaturite dal piatto della DJ Dolly bomba che come un telecronista scandisce le tappe del percorso che i Guerrieri faranno nella notte, battaglia dopo battaglia, corsa dopo corsa, mentre Walter Hill da sfoggio di tocchi sapienti e mai eccessivi alla regia: la carrellata di gang in movimento verso il raduno è ripetuta con le bande in fermento per la battuta di caccia contro i nostri eroi che non sanno dove scappare come suggerisce il brano sopra citato e si rifugiano sotto un viadotto mentre la pioggia li ha inzuppati e il rosso delle sirene a malapena illuminati, si avvicinano alla stazione della metro che può condurli alla casa base con la amara constatazione di come la tregua sia finita e un pullman di skin heads a nome Turnball voglia lisciare loro le penne.
Il gruppo di otto è privo del capo guerra abbattuto al Bronx e allora emerge Swan con la sua indole solitaria e riflessiva espressa da un giovane Michael Beck nel ruolo della sua vita, si contrappone fortemente a quello impulsivo e attaccabrighe di Ajax interpretato alla grande da James Remar che di tutti i giovani del cast è quello che farà la migliore carriera ma il personaggio più memorabile per riuscita e conclamata negatività è Luther il capo dei Rogues (…..i farabutti non a caso) interpretato da David Patrick Kelly che uccide Cyrus per pura follia e senza un valido motivo oltre a giocare a fare la guerra sleale con i guerrieri fino all’alba fatidica a Coney Island.
Il cammino prosegue e la trama concede un personaggio extra, la Jill McBain de i Guerrieri della notte, Mercy (Deborah Van Valkenburgh ) sbuca fuori nella sequenza fulminea contro gli Orfani per poi incollarsi ai Guerrieri, ne bella ne brutta con la sua magliettina fuxia instaura un rapporto con il solitario Swan nel quale intravede nonostante tutto una via di fuga dal quadro sociale squallido in cui si vede invecchiata come la vicina della porta accanto con le tette distrutte e gli scarafaggi nella dispenza.
I dialoghi sono un altro punto di forza del film, molte parolacce e battute ad effetto si odono già nel faccia a faccia fra Swan e il capo degli Orfani, liquidati con una molotov che incendia il film dando il via ad una corsa dei Guerrieri verso un’altra stazione della metro, veri e propri ring disseminati in tutta la città nei quali c’è sempre la compresenza della via di uscita ma anche del pericolo in agguato, e difatti un folto numero di poliziotti costringe i Guerrieri ad una fuga improvvisa, il gruppo si separa e prima di giungere a Union Square ci sono due scontri memorabili: quello in un parco con le Furie del Baseball, ovviamente armati di mazze ma con il trucco al viso dichiaratamente carpito da Hill dai volti della rock band newyorkese dei Kiss che incendiava le radio in quegli anni.
L’altro scontro avviene contro le Lizzies, banda di donne dal dubbio orientamento sessuale che ha attirato nel loro covo il terzetto formato da Cochisse, Vermin e Rembrandt, il repentino attacco delle ragazze è ritmato dal graffio rock con vocalità femminile di Love is a fire e guarnito da un efficace uso del rallenty che il vecchio Peckimpah amava tanto al punto di abusarne scriteriatamente mentre Hill sfrutta questa vecchia tecnica cara al suo maestro soprattutto in questo film: a parte la fulminea morte di Fox lo scontro con le Lizzies e quello nei bagni della stazione di Union Square sono molto spezzettati e quindi il rallenty distende l’occhio fra un calcio e un pugno rendendoli più godibili allo spettatore, ce n’è poi uno fondamentale nell’ultimo colpo di lama di Swan a conclusione della stupenda sequenza finale.
I Guerrieri ce l’hanno fatta e Swan suggella l’impresa mentre osserva l’alba di Coney Island descrivendola come un posto di merda per il quale non è chiaro se valesse la pena combattere per ritornarci ma è il loro territorio e il gracchiare della voce del capo dei Rogues li invita all’ultima battaglia con la battuta più famosa del film ritmata da tre bottiglie infilate nelle sue dita.
Il direttore della fotografia Andrew Laszlo con la sua luce meravigliosa ha reso la notte dei Guerrieri estremamente luminosa e per non smentirsi rende la loro alba ombrosa e pericolosa: giunti alla spiaggia c’è il confronto fra i veri colpevoli, i farabutti e i Guerrieri che come sottolineato dal capo dei Riffs “Non uccidono e sono leali” .
La verità è giunta agli orecchi dei seguaci di Cyrus migrati in massa a Coney Island, dopo aver diffuso erroneamente l’accusa riferiranno che i Guerrieri sono I MIGLIORI e prima di travolgere come un onda i Rogues si aprono come l’oceano davanti all’oceano lasciando passare i ragazzi che hanno combattuto tutta la notte contro la intera città per colpa di una accusa infondata dimostrando di non essere affatto dei bambocci dai coglioni molli come li aveva definiti la DJ Dolly Bomba che per riparare regala loro un’ultima canzone di rara potenza: In the city (inclusa nell’album finale dei leggendari Eagles intitolato guarda un po’ The long run) è il suggello al film con la voce tagliente di Joe Walsh che vola via su un leggendario riff spezzato come finalmente i Guerrieri sopravvissuti alla lunga fuga nella notte che riprendono il cammino verso un sole pulito in una long take infinita ideata dal grande Walter Hill che inquadra per tutti i titoli di coda i ragazzi che si allontanano da noi ma si avvicinano al sole con Mercy e Swan finalmente mano nella mano in un momento di grande cinema scaturito da un'idea semplice che come sempre risulta essere più efficace di ogni giravolta in gru o effetto al computer.
Il film era bello allora ed è splendente ancora oggi e bisogna dire che Walter Hill è stato bravo nelle scene d'azione ma altrettanto grandioso è stato il lavoro di tutti i giovani attori coinvolti che ci hanno regalato una miriade di intensi primi piani scolpiti nella pellicola fra i quali una menzione speciale spetta a Marcelino Sanchez nel ruolo di Rmbrandt l'addetto alla pittura con le bombole spray per gli Warriors, scomparso molto giovane e ricordato con affetto da Deborah Van Valkenburgh nel documentario realizzato per commemorare i trenta anni dall'uscita del film dove alcuni degli attori raccontano aneddoti e curiosità, consigliatissimo per tutti i fans di questa pellicola epocale.
L’appendice è doverosa per un credit errato riguardante la scena più importante del film: nel treno che li sta portando finalmente a Coney i Guerrieri sporchi, stanchi e tumefatti incontrano due coppie di ritorno da un party, si contrappone fortemente la differenza di classe fra i quattro ragazzi di famiglia agiata e la coppia insieme per forza formata da Swan e Mercy che in un gesto istintivo cerca di sistemarsi i capelli ma viene fermata da Swan come a dire che la differenza con loro non la fanno i vestiti sporchi e i capelli spettinati ma la provenienza sociale che gli consente di non dover combattere per vivere una vita dignitosa …ma dov’è l’errore?
La ragazza dai capelli castani non è assolutamente Debra Winger come ho letto anche su Imdb ma presenta solo una notevole somiglianza rimarcata da una acconciatura che la Winger ha sfoggiato in molti film.
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