Regia di Walter Hill vedi scheda film
Se non avete ancora visto questo film, vi siete fatti sfuggire un vero pezzo di storia della cinematografia statunitense. La pellicola, la quale prende vagamente ispirazione dall'opera "L'Anabasi" (circa 401 a.c.) di Senofonte, racconta le gesta dei "Guerrieri" nel loro percorso dal Bronx a Coney Island. Dopo il raduno con tutte le bande della città, in cui viene ucciso il leader tanto inquietante quanto magnetico "Cyrus", i "Warriors" vengono ingiustamente accusati di quest'omicidio, ragion per cui, durante il ritorno a casa, saranno costretti a sopravvivere alle imboscate di tutti i gruppi di malviventi che gli daranno la caccia: in questo capolavoro di Walter Hill la presentazione inebriante ci mette davanti agli occhi una Grande Mela immensa e superbamente raffigurata; un luogo in cui ogni passo falso può costare la vita. Il cast era formato sia da punks reali che da attori esordienti o non professionisti. Michael Beck è carismatico e seducente nei panni di Swan, ma anche gli altri interpreti riescono ad attribuire alle loro maschere tutte quelle caratteristiche che fomentano una chimica incisiva, portando lo spettatore a seguire il plot tramite diverse chiavi di lettura, empatizzando o biasimandone le azioni. Memorabile James Remar nel ruolo dell’antieroe Ajax: cerca inconscientemente di aizzare i nemici alla lotta, non nascondendo nemmeno il suo appetito irrefrenabile nei confronti del gentil sesso. Credibili pure David Harris alias Cochise e Dorsey Wright (Cleon), i quali però hanno avuto delle parti più secondarie. Mercy (Deborah Van Valkenburgh), invece, delinea una giovane donna indipendente ante litteram (considerando il contesto degradato), e fortunatamente non tracima in svenevoli sentimentalismi ricattatori. Naturalmente non si può dimenticare altresì la sagoma dello spietato Luther (David Patrick Kelly), che si mantiene in un’aura oscura avvolta nella spietatezza e nell’enigmaticità (e allo stesso modo questo profilo misterioso determina il resto delle comparse, dagli "orfani" al boss dei "Riffs" Masai; espediente mediante il quale non si scade nella caricatura). L'accattivante, multiforme descrizione delle personalità dei membri della gang è efficace a sviluppare la turbolenta vicenda: mai veramente prevedibile, nonostante l'essenzialità della storia centrale, e piena di sequenze di battaglia mozzafiato nei frangenti degli scontri urbani; questi intensi segmenti, ormai d'antologia, grazie alle argute idee di regia (mirate a mettere in primo piano la tetra atmosfera dei quartieri newyorkesi più malfamati), rappresentano uno spiazzante, impetuoso spaccato del circuito underground dei desolati sobborghi. Si tratta di frammenti al fulmicotone di rara bellezza compositiva, dall’uso compitato ed attento dei ralenty alle perfette angolazioni di ripresa. Una componente tecnica encomiabile, rinvigorita dal brillante lavoro del direttore della fotografia Andrew Laszlo, il quale conferisce alla cornice una facciata acherontea, sinistra, dando un plusvalore unico all’iconico production design (i costumi sfolgoranti e il trucco dalla parvenza agghiacciante impressionano nei dettagli e particolari). Lo splendido finale, sulle note rock di "In the City" di Joe Walsh, chiude egregiamente questo cult americano, ancora insuperabile nel fascino e nell'avvenenza delle immagini del magnifico scenario metropolitano illustrato.
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