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I guerrieri della notte

Regia di Walter Hill vedi scheda film

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La recensione su I guerrieri della notte

di LorCio
7 stelle

Dei guerrieri o del legale. Sto dalla seconda parte, che qui, nonostante la polizia che ogni tanto compare, è praticamente latitante. Come latitanti brancolano nel buio i guerrieri che si rincorrono e lottano in questo crudo e disperato ritratto sulla società della violenza. Per amore della semplificazione (ben conscio dell’errore), chiamo tutti coloro che, come dice, un personaggio, giocano a fare la guerra, con tale epiteto. Volendo essere più precisi, dovremmo distinguere i Guerrieri dagli Orfanelli ai Poliziotti e via dicendo, ma lascio perdere per non confondere le idee e per tentare un’analisi più polifonica dell’essenza stessa del film. La struttura sociologica messa in scena dal film di Hill suscita più di un interesse per varie ragioni. Innanzitutto c’è un aspetto formale assai evidente: i guerrieri sono iconograficamente vicini alla grafica fumettistica, con abbigliamenti stilizzati e ben identificativi che aiutano lo spettatore a “localizzarli” nel brulicante spazio dello schermo, pieno zeppo di bande che si scannano… in nome di che? Già, perché questi poveri cristi abitanti della notte che avvolge e nasconde non fanno altro che creare un conflitto? E il conflitto che origini ha? Ecco, proprio per questo interrogativo sulle origini del male fine a sé stesso, I guerrieri della notte è uno di quei film che aiuta a capire chi siamo stati, chi siamo e chi saremo, dove siamo stati, dove siamo e dove saremo, cosa siamo stati, come siamo e come saremo, perché siamo stati, perché siamo e perché saremo. Senza girarci intorno ancora con questi sofismi che potrebbero risultare fuorvianti, vorrei far capire che il film di Hill sia uno dei più importanti trattati sociologici degli anni settanta.

 

Al di là del valore artistico, certamente rivelante ma che non di rado rischia di passare in secondo piano. Riflette sulla massa, su come riesca a farsi sottomettere al volere di un singolo (emblema del pensiero: l’uccisione all’inizio del film di quella specie di santone), e di conseguenza cerca di eludere il microcosmo specifico dei Guerrieri dall’universo della massa. E dunque il gruppo, con le sue dinamiche interne, le lotte intestine per il potere: un po’ come i partiti politici, nei Guerrieri c’è lo scontro per la leadership, che permette l’identificazione del gruppo all’interno della massa, il leader come portavoce e figura carismatica. Ma la domanda mi sorge spontanea: i Guerrieri (ma anche tutti gli altri) hanno carisma? Conservano intrinseco il fascino del male? Se è così (io non lo so), allora si potrebbe dire che I guerrieri della notte lancia l’allarme dell’assenza di valori in un determinato sistema di inflazione collettiva: ad emergere non è chi porta con sé una cultura più giusta, ma chi porta la brutalità più ululante. È l’ovvio effetto dell’azione svolta dall’uomo al fine di creare (suo malgrado?) una società malata ed afflitta dal morbo della violenza gratuita. Un mondo dominato dalla legge universale del pesce grande che mangia il pesce piccolo (e il mare, truffautamente simbolo della pagina da voltare nel romanzo esistenziale, è una presenza non casuale nel finale), quindi dalle rivalità bulliste e bambinesche basate sulle ingiustizie infantile: Hill lascia che i suoi personaggi estremizzino la banalità del male e vuole che, alla fine della fiera, si impegnino nell’analizzare quel che sono e quel che fanno.

 

Detto così, potrebbe apparire come un’autoanalisi collettiva, ma non è così, sono solo le visione recondite di un povero scrittore. Tornando a noi, come già detto, si avverte la mancanza di qualcosa: della legalità. Dov’è la polizia? C’è, perfino sottoforma di banda. Ma palesa quasi una sorta di tacita approvazione, che non lascia trasparire la propria debolezza. E difatti i conti se li risolvono tra di loro proprio in quella resa in riva al mare. La guerriglia urbana continuerà, chissà sotto quali forme, chissà come. Continueranno certamente le distruzioni, le uccisioni, le barbarie. Fin quando non sopraggiungerà un qualcosa di destabilizzante. Un sentimento? Dove finiscono i sentimenti in questa tragica battaglia? Si può amare in tanto odio? In un film così ma(s)chi(li)sta, le donne sono rilegate a rivestire ruoli ambigui, comunque di sottomissione (c’è anche una banda femminile, ma ha poca voce in capitolo). Dovrebbero essere loro il motore del cambiamento. Chissà quando arriverà. Il fatto è che un barlume di speranza stenta ad arrivare. Forse nel mare, forse nel sole che comincia ad illuminare l’inciviltà contemporanea. Chissà.

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