Espandi menu
cerca
Guerre stellari

Regia di George Lucas vedi scheda film

Recensioni

L'autore

Souther78

Souther78

Iscritto dal 13 gennaio 2007 Vai al suo profilo
  • Seguaci 7
  • Post -
  • Recensioni 270
  • Playlist 2
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Guerre stellari

di Souther78
10 stelle

Per chi, come il sottoscritto, è cresciuto quando la prima trilogia era già famosa, e la seconda di là da venire, è difficile considerarlo soltanto un film: è un pezzo di vita, di cultura, ma anche di continue emozioni nel rivederlo e sognarci assieme. Probabilmente ciò ne fa un capolavoro senza tempo: la sensazione di aver vissuto,anzichè guardato

 

Un mostro sacro

Sembra quasi strano recensire Guerre Stellari. Per quelli che, come me, ci sono cresciuti, non è soltanto un film, ma parte della propria storia, del bagaglio di conoscenze, esperienze, vissuto condivisi. Che fosse in famiglia, oppure a scuola, nessuno ignorava chi fossero Darth Vader o Luke, o la principessa Leia. Certo, li chiamavamo con i nomi leggermente sbagliati del doppiaggio italiano. Ma, in fondo, era l'unico che conoscevamo. Chi poteva chiedersi se fossero stati, per caso, modificati? E, soprattutto, chi avrebbe potuto immaginarsi un metodo per sentire le voci originali. Andare al cinema a vedere i prequel è stato un po' come entrare nella storia.

 

Non so dire a che età io abbia visto per la prima volta Guerre Stellari: ero certamente un bambino che andava ancora alle elementari, anche perchè il film uscì nelle sale italiane che io ero ancora in preparazione, e dunque soltanto in televisione avrei potuto vederlo per la prima volta.

 

Gli anni ’80 hanno segnato, perlomeno in Italia, l’inizio della commistione tra cinematografia e merchandising, con la decisiva penetrazione dell’universo fantastico e fantascientifico nella dimensione quotidiana attraverso gadget di ogni tipo: zaini, quaderni, diari, pupazzi, bambole, riproduzioni, modellini. Ricordo perfino un bagno schiuma con il contenitore in ceramica, riproducente ET, cui ero affezionatissimo da bambino.

 

La prima volta alla tv italiana, Guerre Stellari fece capolino il 13 dicembre 1983. E probabilmente fu allora che lo vidi la prima volta, poiché mio padre era già un appassionato da che io ho memoria. Negli anni a venire, quando ormai la saga era già stata trasmessa integralmente, iniziò a divenire quasi un uso, quello di programmarla durante le festività, magari un episodio dopo l’altro per la lunga notte di capodanno.

 

Dopo 40 anni...

Oggi l’ho rivisto per la ….. non saprei dire quale volta. La ventesima? Potrebbe essere! Forse più, forse meno (ma non molto). Non c’è niente da fare: per quanto io mi sforzi, è sicuramente l’opera che ha rappresentato di più e più a lungo, nel mio immaginario, l’idea stessa di cinema, di fantascienza, di kolossal, ma anche di favola contemporanea. Negli anni, a quello si è sommato l’ideale degli anni ’80: quel mondo rassicurante, fatto di sogni americani, di vacanze ferragostane, fatto di auguri di Natale che i genitori si scambiavano con chiunque, dall’ultimo ex compagno di liceo, al collega, capo, sottoposto, amico, parente… Quegli anni ’80 “afferrati e già scivolati via” di cui cantava Raf. Le prime consolle per i videogiochi, o le pile di duecento lire, messe da parte per “quelli da bar”. Le fughe in BMX, quando ancora le MTB non esistevano. Ken il Guerriero, Ramazzotti che muoveva i primi passi, cantando le emozioni di quelli che per me erano già “i grandi”. I paninari, le Timberland, il Monclair, i motorini truccati. Noi, piccoli già fagocitati in un universo materialista, ma così dannatamente scintillante e rassicurante, che pareva essere lì solo per noi, e per essere vissuto.

 

Il primo Guerre Stellari è questo: un bene, chiaro, e un male, scuro. Tutto molto semplice, intuitivo. E’ una rappresentazione corale che ci lascia realmente addosso la sensazione di aver partecipato a qualcosa, e non soltanto di averlo visto. A differenza della stragrande maggioranza dei film, e nonostante mezzi non proprio illimitati, la più grande magia sta proprio nella capacità di calarti in mondi diversi, con ambientazioni stravaganti e realmente originali. Ma non basta: non è la vicenda di un personaggio, ma di un gruppo, e, più ancora, di un intero schieramento, contro un altro schieramento.

 

Perfino a distanza di decenni, non riesco a guardare tutto questo con occhi poi tanto diversi da quelli del bambino che sognava le stelle.

Provo a spiegarmelo oggi, più razionalmente, e trovo nuove motivazioni.

 

L'archetipo del bene e del male

La genialità sta probabilmente nella trasposizione archetipica del male contro il bene: i colori, le parole, i toni, le forme. Tutto ciò attinge a una sfera inconscia che razionalmente non ponderiamo, e perciò ci conquista e affascina perché parla al di là delle parole, dialogando direttamente con il nostro immaginario, e senza il filtro della mente razionale.

 

Pensiamo all’impero: nero, "Darth Vader", navi stellari squadrate, divise che avvolgono l’individuo fino a sovrastarlo integralmente, come quelli che, dietro ai loro caschi, sono addirittura invisibili e la loro umanità non è più percettibile. Ce ne accorgiamo, qua e là, allorchè – in casi isolati – un soldato imperiale manifesta un accenno di personalità, magari anche perché pronuncia una qualche battuta (cosa che normalmente non avviene), e soltanto in quel momento abbiamo un guizzo di consapevolezza che chi sta dentro l’armatura possa essere umano. Del resto il volto, nei cattivi, è una rarità. Lo nascondono i semplici soldati. Lo nasconde Darth Vader, lo nasconde perfino l’imperatore. C’è, poi, la tecnologia visibile e invadente che domina tutto quanto, imponendosi sulla vita biologica e sulla natura.

Dall’altro lato, abbiamo i ribelli. Qui domina il bianco, le loro navi hanno forme variegate e normalmente tondeggianti. Non sono dominati dalla tecnologia, ma la dominano. Hanno facce ben visibili, occhi illuminati dal desiderio, dai sogni, dalle passioni, dalla volontà di vivere. C’è la nobile e idealista principessa, c’è il contrabbandiere dai principi un po’ ballerini, che finirà per cedere al lato… non oscuro. Poi c’è lui: Luke. Se dovessimo indicare un protagonista, sapremmo tutti di dover fare il suo nome, no? Intorno a loro, una piccola corte dei miracoli: animali umanoidi, androidi, robottini senza parola, e una serie quasi sterminata di alieni, tra cui spiccheranno, poi, per dolcezza, gli Ewoks.

 

La paura che ingenera il cattivo Darth Vader, rifacendosi probabilmente anche al risultato conseguito (in gran parte per caso, a seguito dei guasti tecnici occorsi) dall'amico di Lucas, Spielberg, ne Lo squalo, deriva principalmente dalla sua totale imperscrutabilità: della sua storia non conosciamo nulla nel primo film. Le apparizioni sono centellinate, e, soprattutto, restiamo sempre nel dubbio di cosa si celi sotto la maschera. Ciò che non vediamo, e in particolare, colui il quale non vediamo negli occhi, suscita un timore istintivo. Ed è qui la genialità del personaggio, che poi verrà totalmente distrutta nella trilogia Disney.

 

Un'opera sentita per l'autore, vissuta dal pubblico

Ma questa è l'opera sentita del suo autore, creata per slancio e volontà, a rischio e scommessa della reputazione, della carriera, e del patrimonio personale. Il cast mostra un equilibrio perfetto tra attori alle prime armi e veterani, tanto che non si può dire chi sia chi, senza conoscerlo già. E poi, Earl Jones al doppiaggio originale di Darth Vader, Frank Oz all'animazione di Yoda (negli episodi successivi)... la colonna sonora interpretata dall'Orchestra Sinfonica di Londra... i brividi ci percorrono ancora la schiena nel sentirla. E le note, semplicissime, eppure entrate nella storia, ci dicono e ci fanno "sentire" subito quando abbiamo a che fare con i buoni e quando con i cattivi. 

 

La capacità di avvolgere sensorialmente  a tutto tondo lo spettatore è sicuramente una parte decisiva nel processo di immedesimazione, che ci spinge a "vivere" l'opera, anzichè assistervi soltanto.

 

 

Tra favola, epica e futuro distopico

Lucas sembra attingere a ben altro che ai racconti o alle favole, in questo abbozzo di futuro stellare: l’uomo-macchina cattivo (Darth Vader) ci ricorda fatalmente i Borg di Star Trek, e ci riporta alla mente Terminator e Matrix, con le macchine che, invariabilmente, diventano il nemico giurato dell’umanità, cercando di assorbirla o distruggerla. Ma c’è di più: la “forza” che pervade tutto, sembra descrivere perfettamente il senso dell’energia vitale universale (prana), ben noto a certe filosofie orientali, e che si può considerare il principio reale a monte dell’universo simulato (Matrix). Ad avallare il sospetto che per Lucas non sia tutta fantasia, c’è la sua filmografia: L’uomo che fuggì dal futuro, ci racconta appunto di un essere umano che scappa da un mondo governato dalla tecnologia del controllo, in cui i sentimenti e l’umanità sono divenuti motivo di persecuzione.

 

Di fronte a tutto ciò, lo ammetto, il bambino lascia spazio all’adulto in cerca di risposte, e la domanda è: rivelazione? Avvertimento? Denuncia? Programmazione predittiva? La coincidenza sembra decisamente troppo per esser tale. E il sospetto aumenterà con il terzo film della trilogia degli anni ’00, che denuncia ciò che abbiamo ormai visto accadere (e quante volte nella storia!), cioè il crollo della libertà sotto scroscianti applausi, dietro a presunte crisi ed emergenze, create ad hoc.

 

Luci e ombre

Rivedere oggi Guerre Stellari, però, porta fatalmente a riesaminare criticamente tutto: dagli effetti speciali alla sceneggiatura, e, nella versione italiana, il doppiaggio. Ci rendiamo così conto che gli effetti dell’epoca, pur se a tratti un po’ ridicoli, sono in generale assai più convincenti della CGI, che non fa mai sembrare vero ciò che rappresenta. Lì, invece, se qualcuno non ci avesse detto che lo sprinter era tenuto da un lato non visibile, avremmo potuto credere che avesse levitato magneticamente. E ancora ci sembra una magia, vederlo sfrecciare a mezzo metro dal suolo senza sfiorarlo. Paradossalmente, è proprio la trama ad accusare di più il colpo al confronto con il senso critico: ci accorgiamo che Luke, nei fatti, ha avuto come unico “addestramento jedi” un viaggio sul Millennium Falcon assieme a Obi-Wan Kenobi, a cercare di parare colpi laser di una sfera volante, perlomeno prima di recarsi da Yoda. Ancora più paradossale sarà quindi il dialogo nel terzo film, quando Yoda gli dirà prima che per diventare jedi gli manca solo di affrontare il padre, e, quindi, appurato che ciò è già accaduto, lo rimprovererà. Ma, insomma, va bene le esigenze di copione, ma sto povero ragazzo ce lo confondete dai: il suo addestramento è finito, deve solo misurarsi col padre, ma se lo ha appena fatto non vale. Poi non ci lamentiamo se uno segue il lato oscuro, dai!

 

Piuttosto, la durata di due ore scarse non rende giustizia alla complessità della narrazione, che sembra veramente troppo accelerata: tutte le interazioni si sviluppano in poche battute, e si risolvono senza nessun tipo di linearità. Poi, adesso che sappiamo che i jedi si addestravano tutta la vita e fin da bambini, ci sembra davvero che Luke sia uno scappato di casa. In effetti non è nemmeno dato sapere (o immaginare) con chi abbia potuto esercitarsi al combattimento, o chi gli possa aver insegnato a costruire una spada laser. Insomma… le basi.

 

Il doppiaggio italiano, poi, da quando abbiamo scoperto le storpiature dei nomi, non abbiamo potuto far altro, se non biasimarlo. E’ vero: la voce italiana di Darth Vader sembra effettivamente perfino più ricca di quella di Earl Jones, ma ciò non toglie la condanna per la provincialesca trasformazione dei nomi di praticamente tutti i protagonisti, per non turbare l’animo italico, o per seguire meglio i labiali. Soprattutto, non possiamo non trasalire sentendo le “clone wars” tradotte come “la guerra dei quoti”. E qui la storia non ci ha tramandato cosa diamine fossero ‘sti benedetti quoti.

 

Ecco, è difficile per me, e, credo, per molti come me, “giudicare” Guerre Stellari: qualunque cosa sia, o fosse, un po’ lo siamo, o lo eravamo, anche noi. Sognatore? Sì! Idealista? Sicuro! Ingenuo? Già!

 

Ciò che più stupisce di questa saga è la capacità di attirare i maschi, intrigati da astronavi e cannoni laser, come le femmine, attratte dalla storia d’amore, dalla principessa e dagli ideali, così come i bambini, stupiti e ammiranti dinanzi a creature, creaturine, spade laser e luci, ma anche gli adulti, in grado di attribuire uno spessore aggiuntivo alla narrazione. Negli anni ho proposto la visione di quest’opera a tante persone, che non ne erano attratte: tutti mi hanno ringraziato, a posteriori, affermando di aver trovato molto di più.

 

Epilogo

Ecco, Guerre Stellari, in ultima analisi, è proprio questo: di qualunque cosa tu ti possa aspettare… un po’ di più. E, oggi, è sicuramente ancora di più: un antidoto, una fuga, un ritorno a un posto amato, a personaggi che trascendono e sopravvivono agli attori che li hanno interpretati, a un mondo in cui il bene può unirsi e sconfiggere il male, in cui puoi chiudere gli occhi e sollevare una pietra o un’astronave, o scoccare il colpo fatale alla Morte Nera, e, alla fine, festeggiare con i tuoi amici e cari, incarnati o disincarnati. È per questo che, se è vero che con gli anni un po’ di smalto si è perso, è pur vero che di nuovo se n’è aggiunto, e, ora che la Disney ha definitivamente portato via qualunque speranza di un qualsiasi revival autentico e genuino, non possiamo che amare ancor più i pregi e i difetti di questa favola moderna, che dietro a una messinscena ipertecnologica cela valori e ideali d’altri tempi. Tempi perduti.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati