Regia di André De Toth vedi scheda film
Lo so che ha i suoi estimatori, ma per me Andrè De Toth è sempre stato un regista medio, né più né meno, e questo film me lo ha confermato. La materia è degna del mglior noir, la trama pure, ma la realizzazione manca di quel qualcosa che lo renderebbe un noir davvero avvincente. La mancanza è piccola, ma c'è.
La spirale di ricatti e di morte che costituisce la trama della pellicola viene innescata da una debolezza momentanea di due persone non malintenzionate, ma solo leggere o sconsiderate. Il marito annoiato (Dick Powell) allaccia una relazione lampo con una bella ragazza (Elizabeth Scott), e poi la rompe, subito sopraffatto dal senso di colpa verso moglie e figlio. Ormai però il latte è versato. Quello scivolone rappresenta infatti l'apertura del vaso di Pandora, e l'incauto marito, compiendo altri fatali errori, rimane invischiato in una storia più grande di lui che gli sfugge completamente di mano. Quanto alla trama nel suo insieme, viene in mente un verso di una canzone di Battisti, cioè "Ma che disperazione nasce da una distrazione".
La differenza tra il personaggio della Scott e tante altre protagoniste di noir è che ella non è la perfida maliarda o la donna crudele che seduce per calcolo e senza scrupoli, ma una brava ragazza, che rimane coinvolta con l'uomo sbagliato suo malgrado, senza neppure sapere che lui è sposato. E' anche insolito che accetti di rompere per senso di responsabilità verso la famiglia di lui. Raymond Burr, dal canto suo, interpreta il suo solito personaggio, forse l'unico che gli riusciva perfettamente: l'antipatico, il sadico, l'invadente, il crudele, l'odioso, ecc.
Gli attori sono bravi e la storia coinvolge. Ricorda un po' "La fiamma del peccato" e "La donna del ritratto", pur restandone lontano. In complesso, un film interessante, di cui si rimpiange solo quel "quid" che mancava a De Toth e gli impediva di girare film del tutto riusciti.
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