Regia di Jules Dassin vedi scheda film
Vigoroso dramma carcerario, teso e ben compaginato, che fa vedere come in una prigione, dove pure la vita è dura, basta un carceriere sadico e megalomane per trasformarla in un inferno. Non basta che il medico e il direttore stesso cerchino di rendere ai galeotti meno penosi possibile i lunghi anni di galera, specie se il direttore non è in grado di imporsi sul crudele e ambizioso secondino. Dassin gira un film duro e con alcune scene forti (come il detenuto schiacciato sotto la pressa per metalli), ma non giunge a eccessi ai livelli di far stringere lo stomaco, come mi è accaduto per il successivo “Rififi”. Gli attori sono tutti bravi ed efficaci, e sono guidati da una regia precisa, che non lascia sbavature. La sceneggiatura di Richard Brooks, poi, offre alcuni interessanti e pertinenti riferimenti biblici.
La rappresentazione dei rapporti tra detenuti fa vedere da una parte un ammirevole cameratismo e solidarietà, dall'altra l'immancabile presenza dei traditori e le pene francamente troppo crudeli a cui gli altri detenuti li condannano una volta scoperti. La scena del pestaggio del galeotto giornalista vuole quasi far vedere che non è obbligatorio fare le soffiate all'aguzzino, ma si può resistere senza troppe conseguenze. Buona è anche la definizione dei personaggi, ciascuno dei quali ha la sua umanità, le sue debolezze, e gli errori che lo hanno condotto tra le sbarre. L'ambientazione in una prigione angusta e opprimente contribuisce a fare di questo film un disperato anelito di libertà.
Mi domando perché questo film, che pure offre la presenza del divo Burt Lancaster, non si veda proprio mai in televisione.
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