Regia di Alberto Cavallone vedi scheda film
Nel 1983 Cavallone scrisse La guerra del ferro per Umberto Lenzi; contemporaneamente ebbe un'idea derivativa da quella sceneggiatura per un progetto personale, questo Il padrone del mondo (altrove citato anche come I padroni del mondo: ma l'edizione inglese, paradossalmente al momento la più facile da reperire in Italia, ha come titolo Master of the world). Sostanzialmente non si tratta di un capolavoro e la scelta di non inserire alcun dialogo nei cento minuti di pellicola può sicuramente aumentare il tasso di verismo della storia, ma al tempo stesso non può che annoiare, alla lunga. Nel cast nessun nome di grande livello, il più noto è quello del caratterista di film di genere Aldo Sambrell; musiche non esaltanti di Alberto (fratello di Dario) Baldan Bembo. Cavallone chiude qui la sua storia - difficilissima - con il cinema, appena quarantacinquenne ma ormai ridotto ad accettare film pornografici (l'anno precedente ne girò due, Il nano erotico e Pat una donna particolare) per poter lavorare e incompreso nelle sue opere maggiori e più ambiziose (Blue movie, Spelldolce mattatoio, Quickly). Inutile dire che anche questo Il padrone del mondo andò incontro a un insuccesso: la storia non è molto incisiva, i colpi di scena scarseggiano, i grugniti che sostituiscono i dialoghi a un certo punto non fanno altro che conciliare il sonno (ma nei primi minuti c'è un'introduzione parlata che aiuta a contestualizzare la storia: saranno appunto le ultime parole di senso compiuto pronunciate nel film). Il regista e sceneggiatore è qui, come quasi sempre nei suoi film, anche montatore. 2,5/10.
200mila anni fa le tribù primitive non sapevano spiegarsi la nascita del sole al mattino e la sua scomparsa nel cielo della sera; neppure sapevano parlare, eppure in qualche modo sono sopravvissute, lottando fra loro per la supremazia, accoppiandosi selvaggiamente nei boschi, andando a caccia e scoprendo il fuoco.
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