Regia di Leos Carax vedi scheda film
E' uno di quei film che mi suscitano un giudizio contrastato. Innanzitutto si vede che il regista ci sa fare, che usa tecniche originali, che è molto attento ai dettagli, e in generale che non è uno sprovveduto. Poi, però, mi chiedo se non si spinga troppo oltre con le ellissi, i sottintesi, le metafore, il non detto, e certi significati non chiari.
Qual è, poi, il punto che interessa Carax? Raccontare una storia di ricatti e furti, o di un ragazzo conteso da due donne, o forse da una sola, mentre l'altra è da lui solo agognata e non conquistata? Ho trovato interessante, comunque, l'idea del virus che colpisce chi fa sesso senza provare sentimenti. E' fantasia, ma allo stesso tempo è campata tutt'altro che per aria, sicché oggi moltissimi ne verrebbero colpiti se fosse vero.
I personaggi mi sembrano piuttosto realistici e credibili, benché definiti con tratti a volte misteriosi o con molti sottintesi. Tranne il ragazzo però, il quale mi sembra un personaggio confuso e comunque non simpatico: è troppo filosofo, estremo in tutto, troppo maturo per la sua età, troppo intelligente e ragionatore, troppo spietato, troppo drastico, difficilmente comprensibile nei suoi sentimenti verso le due donne. Secondo me finisce per essere una figura estrema e poco realistica.
Quanto all'ambientazione, essa è piuttosto vaga. Vi sono poche vedute generali, pochi paesaggi, e poche inquadrature cittadine. Il regista filma luoghi chiusi cosparsi di oggetti evidentemente non messi lì a caso (specie per il loro colore), ma anche qui le inquadrature sono parziali e non rivelano quasi mai gli ambienti nel loro insieme. Di suggestivo, per quel che mi riguarda, ricordo solo quello strano e tetro vicolo cittadino dove abitano quelli della banda.
Secondo me è evidente una certa ambizione da parte di Carax di girare un film d'autore; mi sembra cioè che punti coscientemente proprio a questo. La differenza con i veri autori è che questi non lo fanno programmaticamente, ma il film diventa un capolavoro d'autore come per propria natura.
Michel Piccoli è bravo come sempre, Juliette Binoche è carina ma forse ancora un po' acerba come attrice. Colpisce, invece, "l'americana": è uno di quei ruoli piccoli ma incisivi, con l'attore giusta che riesce a dar vita ad un personaggio con una breve permanenza in scena.
L'ho guardato senza fatica e senza noia, ma questo essere criptico, estremo e un po' misterioso alla fine mi ha lasciato con un po' di delusione. So che c'è chi lo adora, ma io non mi ci avvicino neanche.
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