Regia di Alexander Kluge vedi scheda film
Ferdinand Rieche è, a suo modo, un filosofo. I suoi frequenti eccessi di zelo non sono frutto di cieca sete di violenza o di ideologico fascismo. Rieche si documenta, raccoglie informazioni (e si rifiuta di darne), studia la strategia del Nemico ed applica la propria alla realtà. È un cultore dell'Ordine e della Legge, ma, come l'ispettore Callaghan di Clint Eastwood, se ne frega delle leggi. Agisce in barba alla Costituzione tedesca ed alla propria costituzione fisica. Vuole sostanzialmente dimostrare che l'Ordine è in pericolo e chiede che ciascuno sia lasciato libero di esprimersi secondo le proprie inclinazioni. Lo fa con un gesto clamoroso e assurdo, quasi dadaista, che gli costa caro, a causa dell'imponderabilità di quella variabile chiamata realtà. Con questo stratagemma, Kluge porta il proprio cinema in un limbo dove confinano realismo ed estremo grottesco, anche grazie ad un personaggio (e ad un attore) che non teme di esporsi al ridicolo, in pubblico come in privato. Politico senza essere settario, il cinema di Kluge mette in scena un piccolo grande carattere (forse ulteriore, estremo, omaggio al Tamburo di latta di Günter Grass, prima della trasposizione filmica di Schlöndorff), nemico sia del comunismo che, mediante il suo non dichiarato ma esplicito rifiuto della logica del profitto, del capitalismo.
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