Regia di Louis Malle vedi scheda film
Salutare passeggiata nella fantasia, da parte di uno dei maggiori cineasti europei di sempre. Inserendosi nella scia di “Alice nel paese delle meraviglie”, ma anche di un film genialoide come il “Che?” di Polasnki (qualcosa di analogo tenterà, un paio d’anni dopo, il Resnais di “Providence”), abbeveratosi a qualche idea freudiana e junghiana, coadiuvato da un operatore superlativo come Sven Nykvyst, Malle accompagna lo spettatore e la protagonista Lily in un percorso del quale non (si) sente il bisogno di offrire una spiegazione, così come, almeno apparentemente, non c’è una logica nel filo che lega i nostri sogni. E proprio ai suoi sogni, Malle dice di essersi ispirato. Gli elementi, in effetti, ci sono: animali di tutti i tipi (con prevalenza di pecore, maiali, serpenti e topi), sveglie che suonano contemporaneamente, bambini nudi, soldatesse fucilate, e così via. Come in “Alice nel paese delle meraviglie”, l’effetto umoristico si sprigiona abbastanza spesso, soprattutto grazie ad una strana vecchietta che parla con un grosso ratto e riceve dalla radio notizie in merito alla caduta di Troia per mezzo del cavallo di legno. Cathryn Harrison (come la Sydne Rome di “Che?”, ad imitazione della quale, a un certo punto perde le mutande) si aggira spaesata, ma non troppo, in questo mondo assurdo, terrorizzata soltanto dalla vista del sangue, e termina la propria corsa mentre sta per allattare un unicorno nero. E qualcuno si è anche lamentato per un finale che s’interrompe così bruscamente: ma chi ha mai visto i sogni terminare con la scritta THE END?
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