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Marebito

Regia di Takashi Shimizu vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Marebito

di alan smithee
7 stelle

 

“Io penso che gli esseri umani siano creature viventi sulla via del declino: ormai essi riescono a comprendere solo le cose che si possono racchiudere in quella inquadratura troppo stretta che chiamano realtà. Non sono più in sintonia con gli esseri antichi che magari hanno forma e carattere diversi dai loro, e che talvolta si insinuano a tradimento nel cosiddetto punto reale.

Si, se non fossi ormai in decadenza, avrei potuto accorgermi di trovarmi di fronte ad un ”marebito” ”.

Un “marebito” è una persona strana, rara, non omologata. E in questo affascinante ed allucinato viaggio verso i sotterranei della specie umana, di persone strane ne incontriamo parecchie: primo fra tutti il protagonista, un cameraman freelance in crisi depressiva che, rimasto folgorato da un video di un tizio in metropolitana che si auto-coltella uccidendosi (e poco prima di morire fissa allucinato l'obiettivo della camera come per dirgli qualcosa), scopre il vero volto della paura, del terrore cieco, e decide di inoltrarsi nei bassifondi della città. In quegli oscuri anfratti, indagando ed intervistando misteriosi personaggi che, non senza retiscenza, lo informano sommariamente dell'esistenza di misteriosi mutanti sotterranei chiamati Dero, egli trova rannicchiata in un antro una bella giovane, nuda e dormiente, e decide di portarsela a casa: la ragazza dorme solo e non mangia, almeno finché il cameraman scopre che ella può solo ingerire sangue, possibilmente umano. Da qui un'escalation senza fine perché la giovane si rivela sempre più insaziabile ed incontenibile, completamente diversa dalla ragazza intorpidita ed impacciata, quasi immobile che era stata fino a quel momento.

Impazzito dal desiderio di mantenere in vita quella creatura che sembrava non parlasse, camminasse male, e pareva più vegetare che vivere, l'uomo arriva ad uccidere per procurarsi sangue: morti sempre più efferate, che raggiungono persino la sua già ristretta cerchia familiare, fino alla scoperta, da parte dello spettatore, più incredibile e devastante: una verità che risulta davvero sconvolgente.

Il giovane regista Takashi Shimizu scrittura il maestro indiscusso della cultura cyberpunk e della ricerca ossessiva e convulsa delle origini più nascoste e controverse - quel Shinya Tsukamoto padre di Tetsuo - per raccontarci la caduta nei vortici sempre più profondi ed irrecuperabili della follia da parte di una mente labile e devastata, malata di immagini, ossessionata dal concetto di ripresa e dalla volontà di far proprie emozioni e situazioni che esistono solamente nella propria coscienza deviata e distorta.

Un film disturbante ma anche, almeno a tratti, emozionante, forte di monologhi splendidi e “da citazione”,  come quello affascinante sopra riportato. Un film che cerca di spiegare l'origine del terrore e che incute davvero una tensione a tratti anche disturbante, repulsiva e fieramente o coraggiosamente sgradevole.

 

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