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Big Bang Love, Juvenile A

Regia di Takashi Miike vedi scheda film

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La recensione su Big Bang Love, Juvenile A

di DeathCross
10 stelle

Opinione scritta quasi di getto (anche se poi ritoccata in alcuni aspetti) ieri dopo la Visione: alle prossime visioni spero di poter ampliare e approfondire meglio alcuni passaggi...

 

È vero che quando parlo di Miike non riesco ad essere imparziale, però all'interno della Filmografia di Miike credo di sapere più o meno bene riconoscere i suoi Capolavori (per me Assoluti, per molti altri probabilmente relativi, per altri ancora forse 'merde per pazzi schizzati') Migliori. E questo '46 oku nen no koi' (let. "Tutto l'amore di 4600 milioni di anni", fonte Wikipedia) è, a parer mio, uno dei suoi Capolavori più Significativi, Personali, Profondi e Intimi. Un'autentica Opera d'Arte che richiama moltissimo la struttura del Teatro (e mi sprona ulteriormente ad approfondire come quest'Arte viene tradizionalmente intesa in Giappone, in particolare il Teatro Kabuki), specialmente nelle Scenografie, restando però fortemente ancorato all'Arte Cinematografica, grazie in particolare ad un Montaggio decisamente non lineare ma tutt'altro che casuale. Come in una Tragedia Classica, il Film si apre con una sorta di 'proemio' fortemente Surreale dove, su uno sfondo rosso vuoto, un ragazzino viene invitato da un vecchio a scegliere l'uomo che intende diventare per incontrarlo e, successivamente, questo Uomo Ideale, con un Tatuaggio che gli ricopre la schiena e il braccio destro, danza freneticamente finché giunge il ragazzino. Dopo il Titolo, il Film inizia la sua narrazione partendo da un omicidio di un detenuto, Kazuki, di cui è fortemente sospettato un altro prigioniero, Ariyoshi, un ragazzo omosessuale che lavora in un bar gay colpevole dell'uccisione brutale di un uomo che aveva tentato di violentarlo. Il giovane, trovato da una guardia con le mani sul collo della vittima, confessa ripetutamente il delitto e, visto anche il suo passato, la sua colpevolezza parrebbe inequivocabile. Inizia quindi l'Indagine, ma il segno di una corda sul collo dell'assassinato apre forti dubbi sulle accuse contro il principale indiziato, e tra flashback, flashforward, inserti di domande poste a vari personaggi, spesso espresse sotto forma di didascalie (con alcuni passaggi con domande esistenziali che ricordano molto "Dead or Alive 2"), si mostra man mano la storia di Ariyoshi e Kazuki, le rispettive biografie, gli intrecci con altri personaggi e, soprattutto, il particolarissimo rapporto omoerotico (ma, a quanto pare, mai carnale) che si sviluppa tra loro due, il primo estremamente introverso e taciturno, con un rapporto problematico (per questioni personali e contesto discriminatorio) con la propria Sessualità, e il secondo invece violento e rissoso, con un passato di abusi subiti e perpetrati. Ma pur focalizzandosi su questi due Protagonisti, la Struttura del Film è decisamente Corale, un Mosaico composto da piccole Tragedie Umane che si intersecano tra di loro, in una Spirale, mostrata esplicitamente con una scala a chiocciola (ad un certo punto ripresa roteando la camera di 90° così da farle occupare quasi tutto lo Schermo), dove ogni Dolore causato e subito si lega al Dolore Altrui, come un Ciclo Infinito di azioni ripetute, enfatizzato dal Montaggio che, spesso, ripete le stesse scene e le stesse battute, mostrando diverse angolazioni degli stessi fatti. La Poesia aleggia per tutta la Pellicola, e la Ricerca di sé stessi e delle altre Persone è mostrata eliminando la fisicità degli spazi, privando le mura carcerarie di quelle pareti che ne costituiscono l'essenza di luogo dove la Libertà è privata, e proponendo all'esterno due Strutture Ideali, un Tempio Antichissimo e un'Astronave teconologica, Simboli forse di Morte e di Conoscenza, ma forse di molto altro ancora. La Violenza, generalmente indicata come il carattere principale dello Stile di Miike (ma per me questa è una gigantesca ca***ta), non manca, ma come sempre non è mai esaltazione e neppure condanna, ma espressione del Turbamento Interiore e al contempo di Vitalità. Ma anche sintomo di una Pulsione Auto-Distruttiva, di una Ricerca disperata della Morte come Salvezza dalla Pazzia, dal Dolore, dalla Colpa... In ogni caso, la Poetica di Miike è sempre (per lo meno nei suoi Film più Personali, come sicuramente questo è) indirizzata verso l'Indagine sui Rapporti Umani, tra Conflitto e Amore, non di rado strettamente collegati tra loro, e, come l'Autore spesso e volentieri dichiara, verso la Solitudine con cui ogni Individuo deve vivere e affrontare l'Intimità della propria Morte...
Il Cast è superlativo, le Scenografie mozzano il Fiato, il Montaggio è Labirinticamente volto a spronare l'Individuo Spettatore ad indagare sé stesso, la Fotografia è visivamente Pittorica, le Musiche penetrano intimamente e, su tutto, la Messa in Scena di Miike è all'Insegna della Massima Poesia.
Ribadisco: uno dei Massimi Capolavori di Takashi Miike.

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