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Big Bang Love, Juvenile A

Regia di Takashi Miike vedi scheda film

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La recensione su Big Bang Love, Juvenile A

di alan smithee
8 stelle

Che sorpresa e' Takashi Miike, prolificissimo regista giapponese, attivo e noto soprattutto per i suoi sanguinari horror, ma autore anche di accurati film di cappa e spada come il recente "13 assassini", ma certamente poco avvezzo alle storie d'amore, per giunta gay e a sfondo carcerario.
Presentato al Festival di Berlino nel 2006 nella sezione Panorama, ed edito in dvd da Dolmen con il titolo "Big Bang Love, Juvenile A", il film e' la storia d'amore (piu' platonica che consumata) tra due detenuti, Jun, un giovane timido barista, arrestato per l'omicidio di un cliente in una camera d'albergo dopo che quest'ultimo lo ebbe ripetutamente violentato, e Shiro, un delinquente gia' da bambino, il corpo tatuato, lo sguardo assassino, e terrore di tutti i compagni di cella. Da subito Shiro diventa l'angelo (o il diavolo) custode di Jun, corpo efebico e viso di perla che sfiora la perfezione e lo protegge da chiunque osi molestarlo. Fino al giorno in cui Jun viene sorpreso con le mani al collo del suo protettore, ormai morto soffocato, e si proclama autore dell'omicidio. Iniziano indagini serrate da parte della polizia, e la pellicola sembra tramutarsi in un giallo suddiviso in capitoli che scandiscono quasi ritmicamente la ricerca di una verita' che verra' rivelat a pian pianoa e svelata quasi come un teorema, sviscerando tutti i segreti e le mezze verita' che coinvolgeranno persino il direttore del carcere.
Tutto quanto alternato a meravigliose scenografie e costumi, coreografie, voli di farfalle che si disintegrano nel filo spinato, cortili del carcere che si affacciano da un lato su missili in partenza per pianeti lontani, dall'altro su enormi piramidi precolombiane: come a dire che ognuno di noi ha di fronte la possibilita' di scegliere se rifugiarsi nel passato o scegliere le incognite del futuro.
Una rappresentazione scenica davvero emozionante e un linguaggio cinematografico sintetico e per questo quasi avvincente come un rompicapo; una estetica dirompente molto alla Jarman che ci mostra un nuovo volto di un autore che non finisce di sorprenderci.

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