Regia di Takashi Miike vedi scheda film
Il giovane Jun Ariyoshi (Ryuhei Matsuda) viene arrestato per la violenta uccisione di un uomo abbordato al bar per gay dove lavora. Lo stesso giorno viene arrestato anche Shiro Kazuki (Tadanobu Asano), un delinquente abituale, un ragazzo dal fascino conturbante e con un irresistibile indole violenta. L'arrivo contemporaneo in carcere favorisce tra loro la nascita di rapporto del tutto particolare. Un giorno Shiro viene trovato morto e i maggiori sospetti ricadono proprio su Aiyroshi. Molti però lo volevano morto e altrettanti avevano un motivo sufficiente per ammazzarlo, compreso il direttore del carcere la cui moglie, qualche anno prima, venne brutalmene violentata da Shiro.
Il cinema di Takashi Miike è solitamente concentrato sulle derive psicologiche dei giovani e l'indagine di polizia e l'ambientazione carceraria di questo film forniscono un ulteriore e qualificante appiglio analitico. Ma la cosa che più colpisce di "Bing Bang Love, Juvenile" ("4,6 miliardi di anni d'amore" è il titolo originale) non è tanto la storia in se, semplice nella sua struttura narrativa, quanto la messinscena, ricca di suggestioni visive e sfumature cromatiche. Diversamente da come normalmente avviene, è la storia ad essere al servizio del montaggio, usato da Miike in maniera frammentaria, tutto giocato su repentini cambi d'immagine e sul rincorrersi continuio di luci e colori che accompagnano il susseguirsi ciclico degli eventi. La narrazione segue un andamento volutamente disarticolato, dove una stessa sequenza viene fatta ripetere più volte, con quella successiva che si frappone a quella precedente e con le stesse parole a poter fornire significati diversi a seconda del taglio prospettico conferito dell'inquadratura. Se ne ricava un atmosfera allucinata, come sospesa in un limbo atemporale, caratterizzata da spazi desolatamente amorfi e dalla totale assenza di calore umano. Si discetta senza particolare profondità analitica sul senso dell'istintiva violenza umana e sulla vastità del mondo, sulla sua incommensurabile distanza dallo spazio e sull'esistenza o meno del paradiso, conferendo al tutto una connotazone vagamente metafisica, dove l'intimo rapporto tra amore e morte che percorre il film (tutti i delitti a cui si viene a conoscenza hanno una matrice sessuale) sembra essere ricondotto alla sua natura primordiale riferendosi sia alla carnale maliziosità dei corpi che può scaturire dal primo, che alla violenza necessariamente insita nella seconda. La sensazione complessiva è quella di trovarsi di fronte ad un palcoscenico che di volta in volta cambia il suo sfondo, alternando la tetra claustrofobia degli interni con la fredda asetticità di esterni “lunari”, dove si tenta di rappresentare l’origine di una colpa e la perdita dell'innocenza attraverso l'uso simbolico dei corpi e degli spazi : con un vecchio e un bambino che aprono e chiudono emblematicamente il film riflettendo sulla natura ereditaria della virilità, una piramide gigantesca che si scorge in lontananza e un missile pronto a condurre sullo spazio chiunque non si mostri degno del paradiso (“se ce n’è uno c’è, altrimenti no”, sentenzia Shiro). Il grado di visionarietà che sorregge "Bing Bang Love, Juvenile" è lo stesso che si può attribuire ad un sogno ad occhi aperti, frutto di un virtuosismo mai fine a se stesso, mai compiaciuto, solo al servizio di una particolare ed originale idea di cinema. Quella di Takashi Miike.
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