Regia di Alberto Lattuada vedi scheda film
La scarsa fama postuma di Alberto Lattuada si limita a ricordarlo come il regista delle ninfette, le giovanissime ragazze che turbano il sonno degli adulti. Lolite senza la consapevolezza di essere tali. È una lettura banalotta del versante più morboso della filmografia di Lattuada, autore talmente eclettico che meriterebbe un approfondimento al di là del luogo comune.
Prendiamo Guendalina, racconto di formazione marittimo scritto da Valerio Zurlini (così come altri film del dimenticato e meraviglioso Zurlini avranno il mare come malinconico sfondo decadente) sull’amore estemporaneo ma indimenticabile tra una ragazzina borghese tediata che soffre per le liti dei genitori e uno studentello indigeno un po’ vitellone e un po’ già marito dal nome tanto impegnativo (Oberdan, figlio di un anarchico).
Più che ninfetta nel senso perverso, Guendalina è la quintessenza dell’adolescenza. Cinica ma anche romantica, affettuosa ed un attimo dopo crudele, vulnerabile eppure volitiva, razionale però emotiva o istintiva all’occorrenza. Classico esempio di personaggio colto nel suo divenire umano ed esistenziale, Guendalina è l’anello mancante tra due epoche, un’adolescente con i germi dell’antonionismo ma ancora disposta ad una sincera speranza nei confronti della vita che verrà.
La sua storia d’amore avviene al tramonto dell’estate, in quel particolare momento a cavallo dell’autunno, nei giorni più malinconici dell’anno (quelli settembrini) e non è un dato secondario: il suo è un amore che vale una vita non soltanto perché è il primo, ma anche perché non può che essere legato alla malinconia delle cose sfuggevoli ed impossibili da dimenticare nella loro gioia di essere strazianti.
Lattuada (che in origine non doveva esserne il regista) conferisce la giusta freddezza ad un film che altrimenti avrebbe corso il rischio della smielata frivolezza e non a caso trova le sue note migliori nel disegno dei due adulti, ipocriti, annoiati ed egoisti nella loro infantile volontà di non assumersi vere responsabilità nei confronti della figlia (Raf Vallone e Sylva Koscina).
Lattuada coglie con raffinata sensibilità il turbamento della sua ragazzina, il ritratto femminile meglio riuscito del suo percorso artistico (sul lato adulto nessuno supera Virna Lisi ne La cicala), il cui corpo acerbo ma già affascinante è quello iconico della splendida meteora Jacqueline Sassard (che tornerà nell’Estate violenta di Zurlini).
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