Regia di Francesco Bertolini, Adolfo Padovan vedi scheda film
Titolo fondamentale del cinema delle attrazioni (1895/1915), ispirato dall'Inferno della Divina Commedia e titolare di svariati primati.
"Per me si va nella città dolente,
per me si va nell'eterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore:
fecemi la divina potestate,
la somma sapienza, e 'l primo amore.
Dinanzi a me non fur cose create,
se non eterne, ed io eterno duro:
Lasciate ogni speranza, voi ch'entrate!"
Ammonimento impresso sull'antro (o porta) che si spalanca verso le viscere della Terra. Un confine tra l'umano e il diabolico, che Dante Alighieri -in compagnia di Virgilio, guida spirituale e materiale inviata da Beatrice- sta per oltrepassare, dopo essersi perso in una selva oscura, "nel mezzo del cammin di nostra vita."
Lussuriosi, golosi, avari, suicidi e altre categorie di peccatori subiscono differenti pene infernali. Dante osserva, discute con la sua guida mentre procede tra gironi via via sempre più impressionanti, sino ad arrivare all'ottavo cerchio e alle Malebolge. Creature a tre teste (Cerbero), diavoli alati, condannati tramutati in tronchi d'albero sui quali alloggiano arpìe. Dante ha occasione di incrociare -mentre sono sotto espiazione- personalità storiche (il Conte Ugolino della Grandesca), alcune (Cassio, Bruto e Giuda) responsabili di peccati di tale entità da finire tra le fauci di Lucifero stesso.
Capolavoro visionario e fedelissimo al testo letterario, girato a più mani (Giuseppe de Liguoro, Adolfo Padovan e Francesco Bertolini) agli albori della cinematografia, tanto che può vantare diversi primati: dalla lunghezza (5 bobine, per 54 scene in totale), al genere (il primo esempio di fantastico italiano), passando per un primordiale tipo di copyright (venne distribuito anche all'estero sulla base di "cessione dei diritti"). Considerata l'imponenza delle scenografie, dei suggestivi (ancor oggi!) effetti speciali, dei costumi e della quantità di comparse, L'inferno può anche essere definito primo vero kolossal nella storia del cinema, a un passo dalla "narrazione cinematografica" più compiuta, che prenderà corpo solo qualche anno più tardi con Cabiria (1914). Forse, resta il titolo di punta del cinema delle attrazioni (1895/1915).
Nota: le suggestioni pittoriche di Gustavo Dorè, appaiono inconfondibili, emergendo chiaramente più volte durante la visione, come fatto notare da Cherubino in una bella recensione.
"L’inferno non ha limiti e non è circoscritto in un unico luogo; perché dov’è l’inferno, lì noi sempre saremo." (Christopher Marlowe)
F.P. 28/02/2020
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