Regia di Mario Monicelli, Steno vedi scheda film
Apoteosi della via brillante e popolare al neorealismo in fase calante, diciamo sulla scia de L’onorevole Angelina (e proprio Luigi Zampa era il regista designato in origine), è un capolavoro intramontabile che racconta la miseria e l’umanità di un sottobosco straccione, rifiutando la stilizzazione dell’indigenza, e preannuncia gli stilemi della commedia all’italiana, diretto dai due che ebbero l’intuizione di inserire Totò, maschera della fame, in un contesto realistico di fame (Steno e Mario Monicelli, già autori di Totò cerca casa) e scritto da un dream team (Vitaliano Brancati, Ennio Flaiano, Piero Tellini più i due registi e Aldo Fabrizi). L’amarezza di fondo per lo squallore del contesto sociale ed ambientale (la Roma proletaria tanto dei “ladri” quanto delle “guardie”, in cui la Befana americana aiuta ancora i bisognosi) non inficia sul divertimento garantito dalle prestazioni dei due mostri sacri impegnati in questo inseguimento estenuante: se Fabrizi conferma le proprie magnifiche doti di misura, patetismo e veracità, Totò meraviglia in un ruolo per lui nuovo eppure splendidamente aderente alla sua sensibilità surreale. Accanto a loro uno stuolo di caratteristi di vaglia (Ave Ninchi, Pina Piovani, Ernesto Almirante, Carletto Delle Piane). Finale malinconico che segna una tappa fondamentale.
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