Regia di William Castle vedi scheda film
Tra i migliori lavori di William Castle
Film prodotto e diretto da William Castle (notissimo regista di b-movies di genere thriller), esplicitamente ispirato a Psycho di Alfred Hitchcock, del quale ne seguì l'uscita dopo un anno. Protagonista è una giovane donna, Emily (una Jean Arless a volte un po' goffa nel ruolo), che senza un motivo logico, dopo essersi appena sposata sotto mentite spoglie con il fattorino di un albergo, compie un brutale omicidio del giudice di pace che ha celebrato le nozze, fuggendo via per tornarsene in una grande villa isolata in cui si occupa di accudire Helga (Eugenie Leontovich), un'anziana e muta paralitica.
Emily non gradisce affatto le ingerenze di Miriam Webster (Patricia Breslin), fioraia del paese e sorellastra di Warren, alla quale Helga aveva fatto da balia da piccola. Quando Warren torna il fine settimana da San Diego, Miriam le confessa i suoi sospetti sugli strani comportamenti di Emily, ma scopre con sorpresa che Emily e Warren sono sposati...
Forti sono le influenze degli archetipi hitchcockiani, dal simbolismo degli oggetti, che riportano al tema dell'infanzia perduta e dell'ambigua personalità della protagonista, ma tutto viene rivisitato in una chiave dichiaratamente spettacolare e "fuori misura", anche con un malcelato intento beffardo ma soprattutto con la volontà, lasciata intendere all'inizio del film dal regista, di sorprendere e stupire il pubblico. Divertente la trovata del battito cardiaco usato come sottofondo prima della scena culmine, con invito dello stesso Castle, rivolto ai deboli di cuore, ad uscire dalla sala.
Dietro lo sviluppo narrativo del film domina, comunque la si veda, un'idea un po' reazionaria che condanna, senza alcuno sconto e senza offrire vie d'uscita, ogni ipotesi di ambiguità sessuale, conseguenza probabile di un'educazione irrituale; tant'è che alla fine ne esce vincente una coppia "normale" e tranquillizzante come quella della fioraia e del suo fidanzato Karl, che oltretutto collaborano con la polizia per reprimere il male, associato in questo caso al "diverso".
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