Regia di Paul Weitz vedi scheda film
Nonostante sia stato già quasi dimenticato, è un film che merita un posto d’onore nel cinema americano degli anni zero, ma che verrà sistematicamente ignorato per ragioni ovvie: è una commedia scritta dall’autore di American Pie e difficilmente verrà presa sul serio da chi, in futuro, cercherà di analizzare questo nostro tempo sbronzo. American Dreamz è la parodia di American Idol, show principe della tv a stelle e strisce, nonché l’occasione per far coagulare dentro questo spettacolo-allegoria qualunque cosa possa evidenziare l’idiozia, la volgarità e la fobia di un popolo ancora sotto shock dopo l’11 settembre. Siamo ancora nel regno di Bush, a cui si ispira platealmente Dennis Quaid nella rappresentazione del suo presidente pigro e stupido (Willem Dafoe è un perfetto epigono di Dick Chaney, la divertita Marcia Gay Harden fa Laura Bush), ed è la stagione del terrorismo mediorientale (incarnato qui dal concorrente Omer) e della tv evasiva che s’impone di riempire il dolore con il vuoto dell’evanescenza.
Simon Callow, patron dei talent anglosassoni, è il modello a cui s’ispira Martin Tweed, il presentatore interpretato magnificamente da Hugh Grant. L’innocenza è stata perduta da parecchio, non resterebbe che la dignità: ma è troppo tardi, considerando che è emersa una società plasmata da quella stessa assenza di innocenza perduta. Più che delirante apoteosi di un mondo in inesorabile e frenetica decadenza sociale, è un racconto distopico con una glassa da commedia cinica ed acida, che non racconta niente di nuovo ma allo stesso tempo si fa portatore di una novità necessaria ed originale. La vera rivoluzione sta in quel finale in cui tutti si salvano nonostante le apparenze: perché per molti di noi la salvezza può essere anche la condanna, è solo questione di punti di vista.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta