Esibirsi
Dans Ma Peau di Marina De Van è un film
ultimo, che sta
dopo. Dans Ma Peau: nella mia pelle.
Dentro. Nel taglio, o sulla superficie… Ma la De Van non si ferma, e si porta addirittura oltre: come forse solo Von Trier (
Antichrist), il suo film dimentica la morale per farsi pura
performance – un tragico ritornare al corpo, facendone l’ultimo spettacolo oggi, l’ultima esibizione possibile (
Black Swan). Tragico perché l’esibirsi di Esther (tagliarsi mordersi mangiarsi) è soprattutto una fatica, un lavoro che non produce nulla.
Dans Ma Peau è, infatti, un film sul fallimento, che racconta l’inadeguatezza dell’esserci. Ferirsi, nel film, è una disperata affermazione di vita. Esibirsi, darsi agli sguardi
fuori, per riconquistarsi. Chiudersi per aprirsi all’altro. Esther, la disperata protagonista di
Dans Ma Peau, sperimenta se stessa: e di fronte a uno specchio, mette alla prova la carne. Spera di salvare almeno una parte di sé, magari quel pezzetto di epidermide tagliato e conservato con tanta cura. Eppure la pelle si secca, il corpo deperisce.
Alla fine di
Dans Ma Peau, Esther è ferma, e la De Van la riprende più volte da vicino – prova a riprenderla
per intero: ma che cosa è rimasto, che cosa rimane vivo di lei, ormai? Il suo è stato un disperato ritorno all’inorganico, un'interrogazione angosciata della carne muta – un viaggio ultimo attraverso la stasi totale e paurosa dell’esserci tutti i giorni. Fino a un vedere che non vede più.
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