Regia di Jean-Marc Vallée vedi scheda film
C.R.A.Z.Y. è un film pieno di suggestioni visive e musicali, capace di muoversi con ironia su un terreno pericolosamente sdrucciolevole e melodrammatico. Per aderire al punto di vista soggettivo che impronta la narrazione, Vallée sceglie la massima libertà stilistica, adeguando la regia al racconto, variando dal piano-sequenza al montaggio ritmato sulla musica, dal ricorso ad effetti digitali quanto a calibrati movimenti di macchina, usa una certa stilizzazione comica affiancata ad una precisa gestione della drammaturgia e della metafora, spazia dal linguaggio del cinema classico a quello televisivo, contaminandolo con soap, spot e clip, non lesina sulla composizione delle inquadrature o sulla direzione del cast.
Il regista sfrutta ogni risorsa disponibile per rendere il confuso travaglio del protagonista, per dipingere la realtà interiore di un dissidio emotivo tra essenza e rappresentazione di sé, l’affannosa ricerca di una sintesi tra il desiderio di riconoscersi ai propri occhi e nel riflesso deformato dello sguardo altrui. Zach vive la diversità come condanna atroce all’isolamento dal nucleo familiare cattolico di origine, soffre per la solitudine dei suoi sentimenti, la particolarità dello sguardo, e cerca di cogliere segnali premonitori di un cambiamento invocato quanto restio a manifestarsi, in una costante sfida tra il mondo esterno e quello intimo.
Il film si profila come il racconto di un’ineluttabile e dolorosa predestinazione, di una via crucis che attraversa la Terrasanta ed è percorsa da una certa antipatia per chi gli ha rubato il compleanno (Zach nasce il 25 dicembre), diventa un rito di passaggio lungo vent’anni, un road movie esistenziale e quasi immobile, con rari spostamenti fisici, e di cui partenza e approdo sono sempre in seno alla famiglia di altri quattro fratelli maschi. Bloccato in un’impasse dolorosa, Zach si muove poco, e quasi solo nel tempo di una vita scandita dal dramma dell’accettazione di sé e della propria omosessualità, impegnato in un corpo a corpo a distanza con il padre, incarnazione della persona che vorrebbe essere e da cui desidererebbe un atteggiamento benevolo.
C.R.A.Z.Y. suggerisce senza mostrare, insinua elementi psicologici ma non li sottolinea (il fratello drogato come oggetto di desiderio sublimato), ardisce accostamenti blasfemi evitando la pesantezza (la somiglianza del primo amante con l’iconografia cristologica classica) attraverso una sceneggiatura calibrata e precisa nei rimandi interni; ma soprattutto grazie ad una regia brillante e sinceramente partecipe che trascende il materiale stesso in brio stilistico e scandisce la narrazione con la levità apparente di una canzone pop.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta