Regia di Richard Shepard vedi scheda film
C’è una scena che vale il film: Pierce Brosnan che balla assieme ad Hope Davis, in una notte votata alla confidenza e ai bilanci interiori. In quei quattro malinconici passi di innata eleganza trasandata, c’è il cuore battente e forsennato di un film piccolo e a suo modo estremo come questo. Detto ciò, The Matador non è un film comico, anzi. Certamente fa sorridere, ha la struttura di una tragicommedia piena zeppa di gags ed aneddoti divertenti, senza dubbio. Ma c’è una vena, oserei dire, crepuscolare, una sorta di resa dei conti tra l’icona e l’essenza in cui giocano i fattori più diversi all’insegna della scorrettezza artistica (non educativa). Con questa agra commedia sul tramonto di un personaggio (il killer su commissione), Shepard ha l’occasione di mettere su un film evocativo e sinuoso, tenero nel suo vincolo tra lo scegliere il proprio futuro, gaio come una rimpatriata tra amici destinata a finire col sorgere del sole. È un film fulminante e sbalorditivo per l’insolito e non banale messaggio che trasmette (trovare un amico può aiutare a voltare pagina) e per la grazia malandrina con la quale è messo in scena. Senza girarci attorno più di tanto, The Matador è soprattutto un Pierce Brosnan memorabile, che colpisce al cuore con l’appassionato ritratto che fa di questo killer adorabilmente fuori di testa, totalmente speculare al Bond che ha incarnato per un decennio. Brosnan sembra riflettere sul suo stato d’attore e sulla condizione di quegli attori cinquantenni un po’ fuori mano. E dimostra che ha ancora molto da dire. Non lasciatelo sotto il nevischiolo in attesa che scelga il suo destino, all’ombra mansueta di un albero storpio.
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