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Il rullo compressore e il violino

Regia di Andrej Tarkovskij vedi scheda film

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La recensione su Il rullo compressore e il violino

di yume
8 stelle

Con Katok i Skripka Andrej Tarkovskij vinse il primo premio al New York Student Film Festival nel 1961.

 

locandina

Il rullo compressore e il violino (1960): locandina

Se il piccolo spicchio di una grande e rossa mela lucente è solo un piccolo spicchio che scompare di fronte alla bellezza dell’intera mela, quello stesso piccolo spicchio, da solo, brillerà di luce propria e all’interno dei suoi angusti confini rivelerà doti inattese.

Fuor di metafora, Il violino e il rullo compressore, che più che opera prima è il saggio studentesco di diploma di un giovane 

realizzato a 28 anni, avendo come co-sceneggiatore Andrej Konchalovskij, per il diploma di studente competente del'All-Union State Cinema Institute, è una storia semplice, una piccola favola tratta dal mondo reale  da cui affiorano modi e temi che saranno tipici della sfera artistica dell’autore.

Andrej Tarkovskij

Andrej Tarkovskij. Il Cinema come preghiera (2019): Andrej Tarkovskij

Quanto alle mancanze imputate da severi critici (ingenua fusione di due ideologie opposte, quella del bambino e quella adulta dell’operaio, meccanicità espressiva a cui consegue scarso impatto emotivo, poca attenzione alla psicologia dei bulletti di strada) sono giudizi riduttivi forse un po’ ingenerosi.

Bisogna prenderlo e amarlo per quello che è, un piccolo, delizioso film sulla breve storia di un incontro fra un bambino e un adulto.

Sasha ha sette anni ed è già un abile violinista, Igor un operaio addetto alla conduzione di un rullo compressore per le strade di Mosca, un uomo che è riuscito a non diventare un automa indurito dal lavoro.

Le due strade s’incrociano, ognuno ha qualcosa da dare all’altro, sullo sfondo c’è un mondo difficile, spesso duro e ostile, con cui bisogna fare i conti.

E’ il mondo di Tarkovskij, il suo umanesimo profondo e la malinconia del suo sguardo, la bellezza come dono divino che richiede coraggio e forza per essere difesa, l’innocenza del bambino che si specchia fiducioso nel mondo in cui sta entrando.

Probabile che mancanza di mezzi e restrizioni di budget allora non permettessero altro, a Mosca come altrove la vita non era e non è facile, può anche darsi che l’occasione (un saggio di diploma) non esigesse molto di più, ma poco male, è utile esercizio scavare nella miniera in cerca di pepite d’oro.

Il raccolto è generoso e vediamo perché:

  • I colori sono abilmente orchestrati.
  • i due protagonisti, in ambiti e per storie tanto diverse, fanno pensare a Ladri di biciclette.
  • lo specchio che moltiplica le immagini, quella del bambino e le mele rosse che rotolano per strada.
  • le pozzanghere in cui un albero scheletrico si riflette rovesciato accanto a ruspe e macchinari teriomorfi.
  • Le sonorità industrialidelle macchine che rompono muri, raccolgono macerie, asfaltano la strada e il suono melodioso del violino.
  • la mela che Sasha, incantato, lascia sulla sedia della piccola, rosea bambina della scuola di musica.
  • il sorriso del bambino felice, il suo annuire, l’imbronciarsi, l’esprimere con l’angolo della bocca una condivisione da adulto, le mani in tasca, piccolo scugnizzo in un mondo di gente “perbene”.
  • Il violino che emana luce e dissuade i bulletti del quartiere dal vandalizzarlo.
  • “Musicista”, un vocabolo usato in pari misura con disprezzo invidioso (i bulletti) e ammirazione profonda (l’operaiO)

 

L’amicizia tra il timido Sasha (Igor Fomchenko) e Sergei (Vladimir Zamansky) nasce spontanea, prosegue con discorsi di vario genere, sul fumo che fa male (tema che torna in Tarkovskij, v. in Offret il discorso del postino) o sulla tragedia dei ragazzi mandati in guerra.

I bulletti sono invidiosi e insultano il ragazzo, ma Sasha è felice perché Sergej gli lascia guidare il rullo. La pausa pranzo trascorre insieme e Sasha beve avidamente dalla bottiglia di latte, indifferente alle raccomandazioni della madre sul pericolo di brucellosi (la bottiglia resta intatta e felicemente vuota, a differenza di quella che in Offret cade a terra rovesciando il contenuto al tremolio causato da aerei di guerra in volo).

Un forte temporale estivo che lascia gli specchi lucenti di grandi pozzanghere fa da sonoro alla grande mazza ferrata che abbatte un vecchio edificio, scoprendo il solenne palazzo in stile sovietico con cui Stalin deturpò Mosca e che si staglia sullo sfondo come visione salvifica (e l’ironia non manca).

 Infine, il programma dei due amici di andare a vedere Chapayev, il classico della guerra civile dei fratelli Vasiliev del 1934, fallisce perchè Sasha è bloccato in casa dalla madre che non approva questa strana amicizia, evidentemente non ritenuta adeguata al suo status sociale.

Il messaggio spedito da Sasha su un aeroplanino fatto con carta da musica a Sergej che aspetta in strada non arriva e l’operaio deluso va al cinema con la sua ragazza. Al povero Sasha non resta che sognare.

 E’ un incontro magico quello di Sasha e Sergej, i due vivono in una tensione reciproca bella e innocente, dietro c’è la violenza della strada, dove i bambini l’innocenza la perdono e si trasformano in bulletti e il pregiudizio della madre che impedisce a Sasha di frequentare il suo nuovo amico fa il paio con la rigida didattica musicale della maestra che impone il metronomo alla creatività di Sasha.

Il male e il bene convivono, e nella vita di ogni giorno i sentimenti scorrono sottocoperta

Le inquadrature sono iconiche, studiate per un ralenti più virtuale che reale sul tracciato uniforme della vita quotidiana

Le riprese hanno la qualità pittorica di quadri in cui la disposizione delle immagini è studiata per creare una rifrazione nell’immaginario.

L’ultimo quadro è una piazza metafisica scandita da macchie d’ombra e di sole, il rullo compressore si allontana a sinistra, diventa piccolo piccolo mentre Sasha lo raggiunge di corsa e salta sopra.

E’ un sogno, o meglio, un desiderio: Sasha, incorporeo, scende correndo le scale ed esce sulla piazza, mentre un volo di uccelli neri si alza dall’ombra del selciato e vola stridendo verso il cielo.

Una speranza di armonia possibile? Un’attrazione fra poli opposti stando alle leggi della fisica? Questo e altro in Katok i Skripka.

La struttura drammatica convenzionale, assente nei suoi film metafisici, cosmici, qui ha il suo senso, si va verso L'infanzia di Ivan con una tavolozza di colori distribuita dalla fotografia di Vadim Yusov, che mescola il rosso al giallo e lo avvicina al blu del cielo e degli abiti dei due  protagonisti, mentre luminose macchie solari, riflessi di specchi e macchie di luce sull'acqua fanno della realtà il gioco caleidoscopico di un bambino

Con Katok i Skripka Andrej Tarkovskij vinse il primo premio al New York Student Film Festival nel 1961.

 

 

 

www.paoladigiuseppe.it

 

 

 

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