Regia di Justin Lin vedi scheda film
Purtoppo è vero, la realizzazione militare, nel percorso dell'accademia, rappresenta ancora oggi la realizzazione di un Paese forte, e di riflesso la realizzazione di molti giovani americani e non. Ma il film di Justin Lin, seppur retorico in alcuni passaggi, non è esattamente il solito film di propaganda. Con il personaggio di James Franco, la cui bellezza fa il paio con l'inquietudine di molti suoi personaggi, il film prende una piega peckinpahniana. Senza scomodare troppo il vecchio Sam, nel suo ruolo Franco mette alla berlina il sistema accademico militare. Non è lì per servire il Paese, anche se lo dice, ma è lì per vedere se ce la fa. Arriverà alla fine, prenderà i suoi gradi, continuerà nella marina, ma avrà perso l'incontro di box del Brigades che era il motore narrativo dell'intero film. In questo, e in tutti i vari atteggiamenti anti-sistema del personaggio di James Franco, di cui non metterò mai in discussione né la bravura né la sua onestà intellettuale, è avvisabile lo sberleffo sottile verso la religiosità militare e tutta la sua liturgia. Alla fine, scende dal ring come perdente, ma in realtà è lui il vincitore proprio perchè ha perso. Nella sconfitta c'è lo scarto e lo strappo da quella religiosità e fanatismo americamo sull'essere vincenti ad ogni costo, belli e accomodanti. E il film, seppur intorno a Franco tutto vada in quella direzione nazional-militarista, propone con il personaggio appunto di Franco l'atomo impazzito che fa grande un individuo, una vita, e anche un Paese.
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