Regia di Fernando E. Solanas vedi scheda film
La crisi finanziaria dell’Argentina del dicembre 2001 ha avuto ripercussioni ovunque (io stesso ci ho perso migliaia di euro dato che possedevo le loro obbligazioni), ma questo documentario, drammatico, ma ancor di più vitale, fa sentire un po’ tutti molto piccoli, perché di fronte alle piccole (grandi) storie che ci racconta non possiamo che sentirci al fianco di un popolo martoriato da scelte politiche rivolte a favore delle lobby e contro il popolo.
Si parte dalla rivolta del dicembre 2001, quando un’intera nazione crolla economicamente, ma poi lo sguardo si volge soprattutto agli “ultimi” del titolo che non si fermano alla sola protesta, ma quando possono attuano anche operazioni di solidarietà encomiabili.
Così colpisce soprattutto l’unione tra i poveri, quelle famiglie larghissime che pur vivendo di stenti sanno guardare avanti, le iniziative nate dal basso (la condivisione dei medicinali che si hanno a casa, del cibo che si trova e/o si produce), insomma la condivisione di quel poco che si ha.
Intanto la politica cambia pelle per non cambiarla, la polizia ha spesso inclinazioni rivolte al denaro (ed alla lunga in tantissimi furono rimossi), la sanità non guarda in faccia a nessuno (nessun intervento fuori dagli ospedali), con gli appalti ai privati che pregiudicano il servizio (per avere una visita occorrevano quasi 24 ore di coda, i rifiuti ambulatori gettati a caso).
Due facce quindi a confronto, il popolo che non vuole demordere, ed il potere che fa altrettanto pur promettendo ciò che poi non mantiene (almeno in parte e su lunga data), con esempi di raro coraggio, vedasi l’industria abbandonata (con la crisi il proprietario è fuggito), rimessa in servizio dai suoi stessi (ex) dipendenti, senza capi e con la divisione paritaria degli utili.
Tante cose, con tutte le differenze del caso, ricordano, ed è un film del 2005, la situazione dell’Italia di oggi; negozi che chiudono, gente affamata, politici che non hanno il coraggio di prendere le decisioni che servono, l’Fmi che vuole i suoi soldi, imprenditori gettati sul lastrico per aver chiesto i soliti prestiti che da un giorno all’altro hanno costi da strozzinaggio puro e crudo, l’incapacità (l’impossibilità?) di generare una scelta poliica diversa ed efficace.
Poi arriva anche da loro la ripresa, ma i sopprusi rimangono, per questo il movimento anti esproprio con donne che cantano l’inno per evitare l’asta rimane un esempio di raro cuore, ed oggi, quando l’Argentina è di nuovo in crisi (ho amici che nel 2008 hanno aperto là un’attività agricola, l’anno scorso sono fuggiti), questo documentario ha doppia valenza, perché la lotta per i propri diritti serve, ma se ai piani alti non si fa ciò che si deve (anche con coraggio che porta comunque a delle proteste, perché qualche diritto si deve ledere, epr darne di più a chi non ne ha), poi si fa presto a tornare indietro.
Una lezione di vita da parte degli “ultimi” (tanto più a noi che in media ancora fin troppo abbiamo, quando si parla di gente che cammina a piedi nudi), un monito valido per tutti … senza scelte politiche valide, siamo destinati all’oblio ed alla fame.
Un film da vedere, tanto più dagli italiani oggi.
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