Recensire un film del genere è veramente difficile.
Non per la trama, sia chiaro.
La storia, anche se lardellata di fumisterie folkloristiche cinesi, è abbastanza semplice: un antico guerriero cinese vuole reincarnarsi, per farlo abbisogna del sangue di una ragazza dagli occhi verdi, e la rapisce. Purtroppo per lui la ragazza è la promessa sposa di Wang Chi, un giovane di Chinatown, il quale coinvolgerà, nell'impresa di liberazione dell'amata, l'amico camionista Jack Burton.
Difficile da recensire, dicevamo, neppure perché sia il migliore di Carpenter, ma perché va a mettere la ciliegina sulla torta di una strepitosa carriera registica e, anche se poi abbraccerà il cinema indie, a confermarlo fra i maggiori esponenti della Nuova Hollywood, quel periodo della storia del cinema che rivoluzionò definitivamente il modo di fare film e che ancora oggi influenza i cineasti di tutto il mondo, Oriente compreso. E qua sul termine Oriente c'è molto da dire, perché in questa pellicola ci sono sintesi suprema e l'ormai maturo terreno d'incontro fra la sbruffoneria pragmatica statunitense (simboleggiata da Jack Burton, un Kurt Russell sempre più ironico) e il mondo magico-filosofico di una certa cultura cinese (adorata dal regista), innegabilmente pre maoista.
Il coraggio di Carpenter si rinnova, e questa volta la sua avanguardia visionaria punta tutto su un pastiche fatto di commedia, arti marziali (siamo in fase post Bruce Lee e pre Tarantino) e i manga più sfrenati, sempre alla ricerca del ribaltamento di ogni stereotipo (qua l'americano è maldestro e cialtrone mentre la spalla cinese competente ed efficace; molto innovativo, se si pensa che - nell'86 - siamo nel pieno del superomismo reaganiano). Un vero azzardo che fece infuriare i vertici della 20th Century Fox specie perché si rivelò un colossale insuccesso finanziario, riparato solo in un secondo tempo dal trionfo di cassetta e dall'elezione a vero e indiscusso cult.
E, almeno al cinema, è il pubblico ad avere sempre l'ultima parola.
Grosso guaio a Chinatown, nonostante gli anni, non ha perso niente, è a tutt'oggi un film adrenalinico e divertente, ma al di là dello spettacolo, c'è dentro la grande lezione carpenteriana: credere sempre nei progetti più assurdi e innovativi, anche se tutti dicono NO. Qualche anno più tardi un altro imprenditore americano standardizzerà questo pensiero in un motto:
"Stay Hungry. Stay Foolish."
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta