Regia di Robert Altman vedi scheda film
Radio America esordisce con un'immagine che potrebbe essere uscita da un dipinto di Edward Hopper. Purtroppo, poi, non si anima un film di Robert Altman, ma sembra di rivivere la visione di una delle ultime opere di Woody Allen: anche nel titolo Radio America (che pure porta le iniziali del regista) somiglia a Radio Days.
Altman mette in scena l'ultimo spettacolo di un teatro che anche nel nome - Francis Scott Fitzgerald - appare richiamarsi ad un'epoca morta e sepolta, così come lo strumento attraverso il quale l'esibizione di cantanti e fantasisti è diffusa a un pubblico lontano, la radio, rimanda anch'esso ad un periodo cui il regista americano rimane ostinatamente ed orgogliosamente abbarbicato.
È davvero difficile, pur con tutta la buona volontà, riuscire a parlare di un nuovo Nashville, anche se la struttura corale tende a coincidere con il glorioso precedente. Del film degli anni Settanta manca il grande respiro sia epico che caustico, simbolo anche questo dei tempi cambiati.
È un caso, a mio parere, che Radio America sia rimasto l'ultimo film di Altman: più che un testamento, questo può essere definito, al massimo, un congedo, con il quale un grande regista ribadisce di prediligere i ritmi della radio, le penombre dei teatri, la musica tipicamente americana e i film corali come si facevano una volta, anche se con esiti e significati diversi, esattamente quarant'anni fa.
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