Regia di Robert Aldrich vedi scheda film
Dal capolavoro di J. H. Chase, Aldrich tira fuori un film teso e intenso che getta un occhio sull'America del proibizionismo e degli anni di piombo.
Dopo aver letto il bellissimo noir di James H. Chase, mi aspettavo sicuramente qualcosa di diverso a partire dalle prime battute. La Barbara Blandish di Chase è una ragazza dai capelli rossi e la pelle vellutata, bella da ferire gli occhi, qui abbiamo una sciatta e per nulla bellissima Kim Darby, scadente anche come attrice. Difficile che la realtà possa essere all'altezza di certe aspettative ma di certo con Samantha Eggar tutto sarebbe stato più facile. Tolta questa parentesi semiseria, il film di Aldrich si attesta su buoni livelli, prendendo le distanze dal lavoro letterario in più occasioni, il tutto per sviluppare un progetto a se stante, meno versato sul piano del thriller e più su quello sociale e umano, con la protagonista che sviluppa in maniera marcata una sorta di sindrome di Stoccolma per il suo carceriere che, di fatto, è anche l'unico appiglio che la tiene in vita. La tensione è buona, gli attori - fatta salva la protagonista - tutti bravi con in testa sicuramente Scott Wilson che interpreta il personaggio più complesso e Tony Musante, un Viggo Mortensen ante litteram che reinventa in maniera abbastanza efficace il personaggio di Eddie Hagan. Buon prodotto, sicuramente sottovalutato.
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