Regia di Kelley Sane vedi scheda film
Franchesca è una ballerina disastrosa e una cantante mediocre: ma sua madre la vuole vedere a tutti i costi calcare le assi del palcoscenico, nonostante la plateale mancanza di talento. Tra travestiti alcolizzati, nonne ossessionate dal sesso e luci stroboscopiche, siamo in presenza di un musical sgangherato dove si pensa che basti citare Almodóvar ed esibire tutti i luoghi comuni del travestitismo (paillettes, ciglia finte e linguaggio disinibito) per avvalersi della vitalità trash del grande John Waters e dell’irriverente maestria del regista spagnolo. Velleitario, ridicolmente sciatto e mortalmente noioso: Franchesca Page ha la tristezza di un ripostiglio polveroso e la volgarità del malinteso (la convinzione che mettere in scena un transessuale sia automaticamente autoironico e spregiudicato). Con un’aggravante imperdonabile: i personaggi finiscono per essere solo e nulla più che dei patetici mostri. Il film di Sane (sceneggiatore alla sua prima prova dietro la macchina da presa) era già vecchio nel 1997, anno della sua uscita negli Usa. Dieci anni dopo la domanda sorge spontanea: che senso ha buttare nel calderone delle uscite estive un prodotto di tal genere?
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