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Il fascino del delitto

Regia di Alain Corneau vedi scheda film

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La recensione su Il fascino del delitto

di joseba
10 stelle

Venditore porta a porta di prodotti domestici, Frank Poupart (Dewaere) vive di espedienti e piccole scorrettezze, fregando indistintamente datore di lavoro, il laido Staplin (Blier), e clienti allocchi, il suonato Tikides (Katsulas). Durante uno dei suoi giri nella periferia parigina, Poupart si imbatte nella casa di una vecchia taccagna che sfrutta la fragilità mentale della nipote Maria (Trintignant), facendola andare a letto con chiunque possa offrirle qualcosa di vantaggioso. Ma, anziché approfittarsi della situazione, Poupart offre il suo aiuto alla giovane disorientata, che qualche giorno dopo si presenta a casa sua proponendogli un colpo: sgraffignare tutti i risparmi della vecchia e fuggire insieme. Tratto dal romanzo di Jim Thompson "A Hell of a woman" comparso nella Série noire (Éditions Gallimard) col titolo "Des cliques et des cloaques", "Il fascino del delitto" è uno dei noir più maledettamente belli e grotteschi che abbia mai visto. Corneau, forte dell'esperienza micidiale di "Police Python 357", dirige un film semplicemente perfetto, indovinando giusta distanza dagli attori, tempi drammatici e commistione di toni sarcastici, psicologici e violenti. Ne esce un noir fenomenale, lineare come la traiettoria di un proiettile, vertiginoso come una giostra impazzita e mercuriale come il suo protagonista: l'impareggiabile Patrick Dewaere. Impulsivo, nevrotico, imprevedibile, Frank Poupart riceve dall'interpretazione di Dewaere sfumature indicibili, continue vibrazioni caratteriali che lo rendono qualcosa di irripetibile. Per tutto il film sembra fuggire intimidito da nemici invisibili, ma quando è il momento di affrontare i reali avversari le sue reazioni si fanno così lucide e sornione da sfociare nel sarcasmo e nella sfacciataggine autoaccusatoria. La classica figura dell'antieroe thompsoniano apparentemente bistrattato ma segretamente manipolatorio (si veda Colpo di spugna) si carica qui di un'inquietudine e di una vena di follia che entrano in risonanza con l'ambientazione alienante del film, letteralmente fatta di non-luoghi (aree urbane in costruzione, villette fatiscenti, misere topaie, sauqllidi uffici, guardiole, strade deserte). Proiezione urbanistica della degradazione dilagante: il noir è morale. E' forse il "neonoir" perfetto: formalmente smorzato ma non sciatto (abbondano le inquadrature lunghe e le composizioni che mettono in relazione prossemica personaggio e spazio), narrativamente elementare ma non semplicistico (i comportamenti dei personaggi sono di una doppiezza angosciosa), psicologicamente sottile ma non cervellotico (mai vista al cinema una relazione così squisitamente dostoevskiana come quella che si crea tra Poupart e il suo datore di lavoro, il fetidissimo Staplin a cui Blier conferisce tonalità placidamente ripugnanti). Il tutto attraversato da una corrente di umorismo nevrotico semplicemente irresistibile: Poupart si muove come una marionetta festante nel cuore di tenebra della tragedia, dispensando gesti e parole di impensabile tenerezza nella ferocia dell'omicidio. Su tutto una colonna sonora prevalentemente diegetica, proveniente da onnipresenti apparecchi radiofonici che diffondono on air un controcanto ironico e surreale alla spirale distruttiva innescata da Poupart. E, se non bastasse, la solita dirompenza visiva (tratto distintivo dei noir di Corneau) nella rappresentazione iperrealistica della violenza. Un valzer ghignante sull'orlo dell'inferno quotidiano che entra di prepotenza tra i miei film preferiti in assoluto. Ah dimenticavo, è proprio a Série noire che Olivier Marchal ha detto di essersi ispirato per "L'ultima missione" ("MR 73"). Voto: 10

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