Regia di Mario Lanfranchi vedi scheda film
L'ambientazione western è a tutti gli effetti un po' fuorviante, se non addirittura sminuente per l'opera; scritto e diretto dal regista televisivo (ed esperto di lirica) Mario Lanfranchi, questo film pur non sfigurando meritava certamente miglior sorte. Perchè quella di Sentenza di morte è tutt'altro che una storia dozzinale e pertanto è un vero peccato che l'autore abbia scelto di narrarla in chiave western, ricorrendo a svariati stereotipi del genere e andando ad alimentare così un filone ormai fiacco e abusato. Le basi della trama sono anzi classicissime, con al centro il tema della vendetta personale e dell'eroe che sfida a uno a uno i suoi nemici per riportare - a suo modo - la giustizia; a dirla tutta Quentin Tarantino (Kill Bill) potrebbe aver preso qualche spunto proprio da questo lavoro, anche se il regista americano si è sempre dichiarato ispirato piuttosto a La sposa in nero di Truffaut, che però a ben vedere uscirà solo alcuni mesi dopo Sentenza di morte. Qui il cast sfoggia un poker di interpreti d'eccezione, che consta di Adolfo Celi, Tomas Milian, Richard Conte ed Enrico Maria Salerno (e c'è anche la bella Eleonora Brown), mentre non sfigura di fronte a tanti nomi, nel ruolo centrale, l'esordiente Robin Clarke. Curiosamente, se il suo nome nel film italiano è Cash, nella versione per il mercato estero verrà mutuato nel più spendibile Django: ma, ancora una volta, si tratta di uno specchietto per le allodole poichè di western in questo film c'è solo il contesto. Dettaglio bizzarro memorabile di Sentenza di morte: Milian platinato nel ruolo dell'Albino. Musiche non eccezionali di Gianni Ferrio, bei colori nella fotografia di Antonio (Toni) Secchi. 5/10.
Il pistolero Cash deve vendicare la morte del fratello; si tratta di uccidere i quattro banditi che l'hanno assassinato, e Cash andrà a prenderli uno per volta.
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