Regia di Mario Lanfranchi vedi scheda film
La trama in breve:
Cash, un giovane pistolero, vuole vendicare la morte del fratello ucciso durante una rapina da quattro uomini.
Una nota a margine che ci racconta di come certi titoli divenissero centrali e conosciuti a livello planetario, il titolo tedesco di questo film è “”Django – Unbarmherzig wie die Sonne” e ovviamente Django non c’entra nulla con la storia e con questa produzione.
Il film di Lanfranchi, regista a teatro di tanti grandi testi dell’opera, mi dà la possibilità di ritracciare gli sviluppi del Western all’italiana dal ’64 al ’68.
I temi del western di casa nostra erano ormai rinomati e anzi sclerotizzati: la vendetta su tutti (come e più nel Western), la sopraffazione dei ricchi/potenti sui poveri/indifesi, il versante “rivoluzionario” (appena accennato nel ’67) spesso associato alla rivoluzione messicana (con tanta fantasia storica), il lato comico-caricaturale (che porterà alla morte del genere) il riecheggiare dello schema primario imposto dai due capostipiti del genere ovvero i film dei due Sergio, “Per un pugno di dollari” e “Minnesota Clay”.
Nel 1968 il genere è ancora in piena produzione e i suoi numeri sono eclatanti, soprattutto letti oggi, vari autori sono emersi: oltre ovviamente e Leone e Corbucci, si sono aggiunti: Sollima, Valerii, Petroni e tanti registi “impegnati”, su tutti Damiani, si sono confrontati con le pistole e gli speroni con alterni successi.
Lanfranchi girerà solo questo strano e alquanto originale film, anche se l’idea di partenza in realtà è molto scontata: un uomo che vuole vendicare la morte del fratello, il film prosegue con toni e una vivacità inconsueta anche grazie al meraviglioso cast.
Come fossimo in un’Opera il film si divide in quattro atti, che corrispondono all’incontro che porta al duello finale con l’assassino di turno; non ci sono spiegazioni o particolari rimandi a cosa sia successo, non sono importanti. In tal senso mi sembra doveroso ricordare che questa è la base di molto Western americano ed italiano (in quello italiano la cosa è portata all’estremo) ovvero una narrazione situata spesso in un non luogo dove uomini con pochissime connotazioni caratteriali-psicologiche si scontrano ricordandoci la base ancestrale, senza psicologie, delle nostre esistenze.
Ogni personaggio cattivo ha un suo modo e una sua tipicità, e assistiamo ad un crescendo di singolarità perché Conte (grande attore del noir americano) non fa che scappare e la sua morte nel deserto (che è una tipologia di scena spesso presente nel genere) è la più semplice; poi c’è il giocatore di carte (un sontuoso Salerno) che ci riporta ad uno dei momenti tipici del western ovvero la partita a poker.
Infine c’è il cattivo diventato finto pastore (Celi al solito gigantesco) che vuole redimire le anime martoriandole e in ultimo un albino ossessionato (come spesso sarà per Milian) da donne bionde ed oro.
Il finale nel cimitero ci ricorda anche l’aspetto gotico, altro sotto genere del western all’italiana, che qui ha forza visiva e conclude al meglio la vendetta del protagonista.
Il protagonista probabilmente è proprio il lato meno a fuoco della storia perché l’attore che lo interpreta (Clarke) non è all’altezza dei quattro assi che ha come coprotagonisti; il personaggio che beve il latte invece del whiskey ci ricorda il protagonista di “Partita d’azzardo” interpretato da James Stewart che beve latte e viene deriso per questo da tutta la città.
Il film pur seguendo alcuni tratti tipici e richiamando internamente vari sottogeneri del genere si dimostra originale e ben fatto, riuscendo ad offrire uno spettacolo ancora oggi di ottimo livello. Il genere del resto vivrà alcuni anni di importanza produttiva e con trame ancora in grado di imporsi, ma sarà poi divorato dell’interno dalla costola comica (Hill-Spencer su tutti, già attivi in quel ’68) che porterà piano piano il lato “drammatico” ad essere sempre meno richiesto, prodotto e credibile fino alla fine del genere nel ’73 circa (con rari esempi successivi, anche interessanti). Genere che per molti autori cambierà, come il Peplum era confluito nello “Spaghetti”, il western entrerà nel Giallo e nel poliziesco all’italiana.
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