Regia di Giorgio Diritti vedi scheda film
Sono rimasto un po' deluso da questo film. Purtroppo la sceneggiatura presenta alcuni intoppi, soprattutto nel disegno dei personaggi, delle loro motivazioni e dei loro reciproci conflitti. E la regia di Diritti, pur sforzandosi di penetrare nei volti quotidiani degli abitanti di Chersogno, facce amichevoli ma diffidenti, di coglierne le loro ragioni e i loro torti, non riesce a sbrogliare la matassa di un copione apparentemente lineare, in realtà disseminato di reticenze, culminanti con un finale che francamente ho trovato incomprensibile. A tal proposito, invito chi ha visto il film a fornirmi la sua interpretazione a riguardo. Come il maestro Olmi, anche Diritti ha il vizio di lavorare molto di montaggio, tagliando troppo e troppo presto, così che parecchie sequenze potenzialmente espressive finiscono prima ancora di aver sprigionato il loro senso, che resta pertanto opaco e talora astruso...A differenza di Olmi, purtroppo, Diritti cerca sì la poesia, ma trova il poeticismo, attaccandosi ad una fotografia ottima nel rendere l'idea della luce fredda nei mesi invernali, ma senza riuscire ad andare oltre all'evocazione di un generico stato d'animo di malinconia...Olmi invece riesce a far venir fuori da ciò che riprende, sia esso un paesaggio di montagna o un interno di una baita o il volto di un pastore, non solo l'animo del soggetto, ma anche la Storia del luogo, il sentimento eterno che si porta a presso e che resiste allo scorrere del tempo...Manca il calore di Olmi in questo film, e ciò non è dovuto solamente al tema problematico e spigoloso trattato in quest'opera...Inoltre, i dialoghi talvolta troppo retorici fanno il resto: frasi come "la violenza nasce dalla repressione sessuale" saranno anche condivisibili, ma metterle in bocca pari pari ad uno dei personaggi rende il contenuto troppo esplicito (in palese contrasto, oltretutto, con l'ermetismo di alcuni passaggi, specialmente il finale). Insomma un film interessante per l'insolita ambientazione, ammirevole per l'utilizzo dell'idioma occitano, stimoltante per il discorso sulla tolleranza, suggestivo per alcune sequenze (la serata danzante con musica tradizionale), ma privo sia del genio sia dell'armonia formale, virtù indispensabili (almeno una delle due) per fare un grande film.
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