Regia di Werner Herzog vedi scheda film
La principale curiosità che sta dietro a questo Grido di pietra è che il soggetto del film è di Reinhold Messner; per il resto è difficile trovare motivi di entusiasmo in una pellicola non molto nota come questa, impossibile a citarsi fra le migliori di Herzog. Non è un documentario sull'alpinismo - e forse, vista l'ampia e ampiamente positiva frequentazione del genere da parte del regista, sarebbe stato meglio - e non è neppure un film incentrato soltanto sullo sport o sulla sfida: è piuttosto un tentativo di coniugare l'impresa atletica al centro della storia con elementi di fiction (la storia sentimentale, l'invadenza della televisione) che richiamano spesso l'origine televisiva della produzione (che, fra gli altri nomi, prevede anche quello della Rai). Buono l'assortimento del cast: Vittorio Mezzogiorno, Donald Sutherland e anche la bella Mathilda May sono al posto giusto, mentre Herzog si ritaglia un ruolino a suo modo ironico nei panni di regista tv; la cosa migliore in assoluto di questo sciapo lavoruccio è però la fotografia di Rainer Klausmann, per la prima volta a fianco di Herzog, con il quale lavorerà anche nel successivo Apocalisse nel deserto (1992). Grandi spazi aperti e vedute abissali dall'elicottero sulle cime innevate del sud dell'Argentina caratterizzano la gran parte di Grido di pietra: e ne sono l'unica componente realmente spettacolare. 4,5/10.
Due famosi scalatori, provenienti da diverse specialità, si sfidano davanti alle telecamere televisive: un'aspra parete rocciosa della Patagonia sarà il campo del loro duello. Ma le cose andranno a finire male.
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