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Shortbus

Regia di John Cameron Mitchell vedi scheda film

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La recensione su Shortbus

di FilmTv Rivista
8 stelle

Una New York colorata che sembra un gioco in plastilina per bambini: la macchina da presa la sorvola e s'infila a casaccio in una finestra qualunque, dove un giovane uomo nella vasca da bagno osserva il suo corpo nudo e lo riprende. Poi in un'altra, dove una ragazza dall'aria scocciata s'intrattiene con un cliente, poi in un'altra e in un'altra? Gente che si osserva, che si ama o che tenta di amarsi, che s'interroga. «Com'è stato il tuo ultimo orgasmo?», chiede il cliente alla prostituta. «Fantastico - risponde lei. Mi pareva di essere sola e al buio». «Eri triste dopo?» «Sì.» «Perché?» «Perché mi sono accorta che non ero sola e al buio». Comincia così, con un'impossibilità amorosa che rifiuta di essere tale e con un'inadeguatezza erotica che non si accontenta di se stessa, Shortbus, carrellata su Manhattan post-millennio e post Ground Zero, una città nella quale dopo l'11 settembre sono ritornati i giovani perché quell'evento è stata l?unica cosa reale della loro vita, abitata da gente "permeabile", il luogo dove vanno a vivere quelli che sentono il bisogno di farsi perdonare. Che significa poi - nelle parole del vecchio ex sindaco che popola come gli altri il locale eroticamente multiforme che dà il titolo al film - le anime sensibili, quelle, soprattutto ma non solo giovani, che si sentono addosso le colpe del mondo. John Cameron Mitchell segue i suoi personaggi in cerca d'amore e li intreccia attraverso il locale retto con grazia da gran dama e pugno di ferro da Justin Bond (una sorta di Victoria appena un po' appannata dall'età), ne osserva gli sforzi e gli sbagli, li prende benevolmente in giro. Certo, quella raccontata da Mitchell è solo una fetta infinitesimale di mondo, nemmeno sfiorata da differenti immagini newyorkesi, un piccolo universo che sembra tornato agli anni 60, solo con meno speranze. La sua strada alla salvezza (una sorta di "inno alla gioia sessuale") non è necessariamente condivisibile. Ma, dietro alle performance erotiche, spesso maldestre, dei suoi personaggi, quello che conta davvero è la tenerezza, la ricerca di autentico amore, l'onestà verso se stessi e il partner. E il sesso, che pure domina quasi ogni sequenza, finisce per diventare solo un gradino nella conoscenza e nel rispetto di se stessi e degli altri. Anche per quelli che tanto giovani non sono più, come Justin, memoria storica di anni migliori e peggiori, cui spetta una battuta chiave: «Una volta volevo cambiare il mondo. Adesso mi basta lasciare questa stanza con un po? di dignità». Il sesso diventa un percorso possibile verso la moralità affettiva.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 49 del 2006

Autore: Emanuela Martini

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