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United 93

Regia di Paul Greengrass vedi scheda film

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La recensione su United 93

di Enrique
8 stelle

United 93 è un buon film di Paul Greengrass sul dirottamento, la mattina dell’ 11 settembre 2011, dell’omonimo aereo. Un aereo della United Airlines che, ultimo dei 4 dirottati quel giorno, risucchiò, in un vortice di disperazione e morte, decine di vite innocenti (ed talaltre, molto meno, anche se lo sguardo del regista, su di queste, è quanto più imparziale possibile).
Tuttavia Greengrass sa il fatto suo, sicchè prima di arrivare a descrivere la concitazione che, ivi, ebbe luogo, delinea lo scenario complessivo che fa da cornice alla vicenda.
Si comincia dal principio. Dalle primissime avvisaglie di un possibile dirottamento dell’Airlines 11. Mentre, nel torpore e nel disorientamento più generale, questo “possibile” dirottamento diviene certezza e, infine, schianto contro la torre nord del World Trade Center, altri segnali d’allarme rimbalzano avanti e indietro dalle varie torri di controllo di tutta la East Coast, mentre la FAA brancola nel buoi e i militari sembrano fare peggio, avendo le mani legate a causa dell’estenuante attesa di un ordine presidenziale che arriverà con un ritardo incomprensibile, a cose fatte. Perché, nel frattempo, la CNN ha diffuso in mondo visione lo sfracellamento del volo United Airlines 175 (mentre voci confuse danno atto di una misteriosa’ “esplosione” al Pentagono).
Ebbene, benché travolti (noi spettatori, come l’intera umanità), già a quel punto, da uno stato di grande sovreccitazione, nondimeno il picco della tensione non ha ancora raggiunto il suo apice quando anche il dirottamento dello United 93 ha bruscamente luogo. Greengrass conosce molto bene l’arte della frammentazione visiva (soprattutto quando si tratta di immortalare i momenti più drammatici e disperati, in assoluto, per chiunque). Dunque, con la sua m.d.p. portata a spalla (e grazie ad un montaggio frenetico e “nervoso”), crea il giusto crescendo di pathos e sofferenza emotiva che traghetta velocemente il film verso il drammaticissimo epilogo che tutti conosciamo.
Greengrass, pur senza aprire inopportuni spiragli di retorica, mette in piedi un’operazione verità (per molti aspetti) impietosa, ma anche (per certi altri) incoraggiante.
Le istituzioni d’America hanno dimostrato tutta la sua impreparazione e hanno fallito.
Non ha fallito, invece, la gente comune d’America. Quella che non ha un nome ed un cognome (magari quelli altisonanti di un attore famoso); quella che è fatta di occhi atterriti e indomiti, mani tremule e coraggiose, volti smarriti e risoluti e corpi lacerati, ma non impotenti; quell’umanità che, in momenti di paurosa eccezionalità, non esita a tentare, con gli scarsi mezzi a propria disposizione, il tutto per tutto.
Non per una forma di estremo, eroico sacrificio. Ma per una istintiva personale, lotta per la sopravvivenza che, nondimeno, diviene, così, argine contro ulteriori episodi di violenza e sopraffazione.
Una lezione di vita che ci si augura rimanga viva, nella memoria collettiva della civiltà umana, per molto tempo.

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