Regia di Ye Lou vedi scheda film
Amore, scrittura, politica. In questo film sulla passione – tanto carnale quanto metafisico, è non è un paradosso – ciò che colpisce di più è il come si abbia l’impressione, a metà visione, che la storia comune di uomini e donne rappresenti alla fine il destino dei popoli. E più ancora, il tardo viaggiare nel tempo delle nazioni. Se non sia che il lungo sbattere sui vetri delle ali della storia, vada seguendo il ritmo del nomadismo di corpi che si concedono e si negano, che aprono i loro corpi a ferite senza rimedio. Lasciano il loro sangue sull’asfalto dell’infelicità, d’abbandono. Tutti i corpi sono la Cina. La Cina, immensa, confusa e piena dell’odio sottile di un gigante che cambia forma, si dissangua in ogni suo figlio innamorato, gode nell’amplesso di figlie votate alla povertà della loro sorte. In questa superba opera di Lou Ye, costante è la pioggia; d’acqua, di pollini, di cieli spesso arrossati dal tramonto, grigi di cemento e metallo. Tutto piove sul costante perpetuarsi degli amori e delle solitudini, e mentre la gioventù – il vento ribelle della libertà puberale – lascia il posto alla sconfitta più grande – quella che vive una vita intera, che fiorisce lenta e miscredente – ed ancora, divenuta fame adulta di ricordo, tenta invano di riabbracciare nei motel ciò che ha perduto per sempre, ecco, mentre la giovinezza si trasforma in magrezza di spiaggia, in voli d’aereo su e giù per il mondo, ecco, ciò che è avvenuto avviene. Il mondo è cambiato, la Cina è cambiata; i balli, le bevute, le copule, i baci, le armonie, gli amici, i volti, i capelli, le professioni, gli indirizzi sono mutati cento o mille volte ancora.
“Ricordatevi di noi in futuro, quando sarete vecchi”. Ecco. Ricordare, vivere, sognare. Amore, scrittura, politica. Appunto.
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