Regia di Ken Loach vedi scheda film
E' difficile dare torto a Ken Loach. Perchè l'autorevolezza della figura dell'artista è supportata dalla coerenza ideologica di un messaggio trasmesso ormai da quattro decadi, all'uscita di questo Il vento che accarezza l'erba, e perchè le doti tecniche del regista, nella loro ricercata sobrietà, sono indiscutibili. Ma questo film lascia un po' di amaro in bocca, cercando una non particolarmente riuscita variazione su un tema tipico del cineasta: l'indipendenza di un popolo come fondamenta per la sua libertà, discorso solitamente applicato, anzichè in chiave nazionalista, in una lettura classista della società. Se l'affine (per argomenti) Terra e libertà (1995) aveva inserito l'elemento sentimentale come sua caratteristica peculiare, qui in effetti Loach pare semplicemente ricalcare il suo ormai consolidato stile, sia nella forma che nei contenuti; Paul Laverty - al decimo anno di collaborazione, da La canzone di Carla (1996) - lo serve con una sceneggiatura impeccabile, dosata con cura fra ideali e azione, ma nella quale traspare un profondo senso di colpa per la 'inglesità' di chi sta raccontando la storia. Sostanzialmente Il vento che accarezza l'erba può insomma apparire come un atto di scuse da parte di un britannico invasore pentito nei confronti della ferita nazione irlandese; è così che i personaggi locali appaiono più vividi mentre gli inglesi sembrano scritti in modo più grossolano, dotati di meno psicologia. Numerosi comunque i premi aggiudicatisi dall'opera, fra i quali spicca senz'altro la Palma d'oro a Cannes 2006 (l'anno di Volver, Babel, Le luci della sera, Fast food nation, Il caimano, Red road e altri ancora). 5,5/10.
Irlanda del 1920. Gli inglesi esercitano un dominio crudele sugli abitanti locali; un giovane medico si trova costretto a passare all'azione, insieme al fratello e a un gruppo di fieri indipendentisti. Ma ben presto le differenti ideologie del gruppo vengono alla luce, crepandone la compattezza.
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