Regia di Ken Loach vedi scheda film
L'accoppiata Loach-Laverty fa ancora centro. A dire il vero, non penso che questo film sia un capolavoro. Qualche difetto ce l'ha. Per esempio, la sceneggiatura, per quanto solida e avvincente, nel tentativo di evitare l'epica che un soggetto del genere avrebbe suggerito, finisce per dare un quadro quasi "impressionista" della "questione irlandese", passando in rassegna senza approfondire adeguatamente i vari temi del socialismo, del cattolicesimo, della politica internazionale britannica, dei costumi gaelici, delle diaspore interne (pro e contro il Peace Treaty del 1920), della fedeltà all'ideale e infine del conflitto fra affetti familiari e causa politica. Ciononostante, Laverty (aiutato da una memorabile ricostruzione d'ambiente) riesce a restituire l'atmosfera dell'epoca, nonchè soprattutto le ragioni di lotta da parte degli irlandesi. Quello che rende questo film riuscito però non è il copione (nè le interpretazioni, tutto sommato poco incisive), ma ancora una volta la regia di Ken Loach, uno dei massimi Maestri di cinema viventi. Basta un inquadratura per capire che si tratta di Loach: quell'uso dei campi medi, fuori asse, coi personaggi ripresi da dietro o di lato...espedienti semplici, per nulla virtuosistici, anti-spettacolari, eppure estremamente personali, inconfondibili, autoriali. In questo film, si può rimproverare a Loach solamente qualche calo di ritmo, ma con un copione così articolato è stata una necessità. Il maggior merito del regista qui è stato quello di aver rappresentato come "attuale" una vicenda storica: nelle colluttazioni fra esercito inglese e combattenti irlandesi, così come negli accesi dibattiti interni su come gestire la lotta d'indipendenza dal Regno Unito, pare di vedere le stesse scene che convolgono operai, precari, disoccupati, sfruttati, disadattati protagonisti degli altri film di Loach. La rabbia e il desiderio di libertà sono gli stessi, cambia solo l'epoca.
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